Doppio concerto sabato 12 aprile nella Chiesa di San Bernardino a L’Aquila e domenica 13 nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma per il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli alla testa dell’ Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese e dell’International Opera Choir. In programma il Miserere del Cardinale Domenico Bartolucci e lo Stabat Mater di Gioachino Rossini. Solisti: Federica Guida, Irene Molinari, Raffaele Abete e Armando Likaj
“Abbiamo bisogno che il principio dell’armonia abiti di più il nostro mondo, e cacci via l’uniformità. Voi artisti potete aiutarci a lasciare spazio allo Spirito” scrive agli artisti Papa Francesco e il messaggio giubilare di speranza verrà elevato, forte, in questo weekend, preludio alla settimana di Passione, con un doppio concerto promosso dalla Fondazione Domenico Bartolucci, presieduta da Franco Biciocchi, con il sostegno della Fondazione Roma e San Colombano Spa, grazie alla famiglia Vernazza nelle persone di Ludovico, Edoardo e Fabio, che si svolgerà sabato 12 aprile nella Chiesa di San Bernardino a L’Aquila, alle ore 16,30, in occasione della chiusura della 50° stagione dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, presieduta da Bruno Carioti e domenica delle Palme, il 13, alle ore 19, a Roma, nell’incanto di Santa Maria in Ara Coeli.

Sul podio, alla testa della Sinfonica Abruzzese e dell’International Opera Choir, preparato da Giovanni Mirabile, con solisti il baritono Armando Likaj e, per la partitura rossiniana si aggiungeranno ancora, il soprano, Federica Guida, il mezzosoprano Irene Molinari e il tenore Raffaele Abete, il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, direttore musicale dell’ISA.
“Sono estremamente onorato – ha dichiarato il Maestro Jacopo Sipari – di poter dirigere questo concerto per il Giubileo, considerata la mia visione spirituale dell’intero corpus musicale con il quale mi confronto e il profondo legame che ho con la Chiesa cattolica, nonchè di ritornare nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli, luogo che ha caratterizzato buona parte della mia carriera artistica. Sono oltremodo gratificato dal poter ancora una volta collaborare con la Fondazione Domenico Bartolucci, eseguendo un’opera del Cardinale, stavolta il suo Miserere, in due giornate particolari, preludio alla settimana di Passione di Gesù, un programma completato dallo Stabat Mater di Gioachino Rossini, un’opera che esprime il dolore e contemporaneamente la pace, la sofferenza ma anche la speranza, l’amore ineffabile di una madre ai piedi della Croce. Inoltre, ritrovo voci di grande prestigio, quali Federica Guida, Irene Molinari, Raffaele Abete e Armando Likaj, alle quali mi legano voti reciproci di stima e affetto, che renderanno straordinaria questa esecuzione, unitamente all’Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese che quest’anno festeggia il mezzo secolo dalla Fondazione e all’ International Opera Choir, formazione con la quale collaboro da oltre quindici anni”.

“Continua la fruttuosa collaborazione fra la Fondazione Bartolucci e l’Istituzione Sinfonica Abruzzese: in occasione del Giubileo della Speranza e in apertura della Settimana Santa – ha asserito Alessandro Biciocchi Segretario Generale della Fondazione Bartolucci – è un piacere poter presentare il Miserere del Maestro Cardinale Bartolucci. L’esperienza del Sacrum continua ad essere una grande opportunità per potere diffondere il prezioso repertorio della musica sinfonico – corale del Maestro Bartolucci, eseguita da ottimi professionisti di fronte ad un vasto e qualificato pubblico”. “Torniamo all’AraCoeli con grande emozione. Avremo come sempre l’onore di condividere una serata di grande musica – ha affermato il M° Ettore Pellegrino, Direttore Artistico dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese – con un cast lirico di eccezione e le voci dell’International Opera Choir, con la direzione del nostro Direttore Musicale Jacopo Sipari Di Pescasseroli. Un concerto di grande intensità: a una settimana dalla Pasqua vivremo il dolore della Madre con la musica di Rossini e quello del mondo con il Miserere del Cardinale Bartolucci la cui opera è attentamente custodita dalla Fondazione che porta il suo nome e che ringraziamo per la costante collaborazione”.
Nella liturgia della Chiesa di Roma, il Miserere si canta durante l’Officium Hebdomadae Sanctae, ovvero durante il Mattutino del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo. All’inizio del rito, l’unica luce che illumina la chiesa proviene da un candeliere triangolare detto “saetta”, su cui ardono quindici candele, raffiguranti gli undici apostoli fedeli, le tre Marie e quella al vertice, il Cristo. Dopo il canto veniva spenta una candela, e così tutte, ad eccezione della più alta, che al termine dei responsori, veniva celata. Si rimaneva, così, immersi “in tenebris”, simbolo della terra calata nell’oscurità, alla morte fisica del Cristo. In questa fase di profondo raccoglimento veniva intonato il Miserere.

In questa nuova e luminosa tessera del mosaico di omaggi al Cardinale Domenico Bartolucci, datata 1947 e rivista negli anni, si va ad indagare la forza della musica in toto, che resiste, tenace, a ogni censura, esilio, dittatura, cecità, rimbalzando tra voci diverse, maestre le une alle altre, in questa pagina contenitrice di suono e di una luce che la invade e la pervade, rovesciandola in parola veggente, in “ombra di luce”. La combinazione di archi e legni, con ottoni e percussioni, crea un tessuto sonoro ricco e variegato, capace di valorizzare la complessa scrittura corale, su cui si erge la voce del baritono. La scelta di un’orchestrazione ampia, permette di mantenere un equilibrio tra la forza del coro e la delicatezza delle parti strumentali, assicurando che l’intensità espressiva non sovrasti la chiarezza del messaggio.
L’assenza di eccessive ripetizioni e la varietà di frammenti melodici, l’uso di brevi sezioni di omoritmia, offrono momenti di intensa unità espressiva, creando un contrasto efficace rispetto alla polifonia. L’orchestra non è solo di sostegno, ma diviene protagonista, con brevi interludi, che anticipano l’essenza del testo. Domenico Bartolucci, evoca, così, una liturgia “pathica”, che non è più, attraverso una scrittura, che si distacca dalle convenzioni accademiche, testimoniando un approccio innovativo al segno musicale, capace di esprimere emozioni complesse con naturalezza e profondità. La seconda parte del programma verrà interamente dedicata all’esecuzione dello Stabat Mater di Gioachino Rossini, per soli, coro e orchestra.
A Madrid, nel 1831, un influente prelato Don Manuel Fernandez Varela, insistette per ottenere da Gioachino Rossini la composizione di uno Stabat Mater. Rossini rammentava bene di aver ascoltato a Napoli lo Stabat di Pergolesi e di aver concluso che nessuno avrebbe mai potuto arrischiarsi a musicare ancora il testo di Jacopone da Todi, tanto meno lui, ma finì col cedere. Nello Stabat, il dramma appare vivo, come nella sua ultima opera, il Guillame Tell, agitato e pieno di contraddizioni. Se il legame è mantenuto con l’opera, il linguaggio dello Stabat rossiniano rivela modificazioni sostanziali: il valore espressivo che l’armonia viene ad assumere è offerto dalla struttura polifonica che predomina su quella melodica e ritmica.
Gli stilemi operistici vi entrano come naturale atteggiamento del gusto rossiniano, così come, la polifonia sacra palestriniana, era intessuta di temi e modi profani dell’epoca, “contaminazioni” in cui la liturgia musicale era alla ricerca di una più viva espressione del sentimento religioso. L’ironia ironia disincantata di Rossini, diventa uno strumento per esplorare le complessità dell’esistenza umana, offrendo una visione unica della sua condizione, cogliendo l’essenza della verità drammatica, senza ricorrere alla banale descrizione realistica e al gesto verista. Nello Stabat Mater che Rossini presentò nel 1842, quei sei numeri dei dieci composti anteriormente, con i quattro numeri mancanti aggiunti da Giuseppe Tadolini, si avvertono le influenze della drammaturgia musicale tardo-ottocentesca.
Nonostante, però, arie, cavatine e duetti, dal canto del primo soprano, “Inflammatus ed accensus”, che spingedosi a un do sopracuto di straordinaria efficacia, ha il vigore del miglior Verdi, la conturbante alternanza di salti inusuali e di teneri moti congiunti in quello del soprano secondo, nel “Fac ut portem”, generante romantiche inquietudini, e ancora, in “Eja Mater”, il basso solista il quale si alterna al coro in una sequenza responsoriale che rimanda al rito liturgico, o nel “Quando corpus morietur”, capace di trasformare il terrore della morte in paradisiaco stupore, fino al “Cuius animam gementem”, celebre, anche per un difficile Re bemolle sovracuto nella cadenza terminale, nella struttura polifonica rossiniana si coglie quella emozione interiore che non si ritrova in nessun’altra composizione del pesarese.