Una recente sentenza della Cassazione, la numero 2391 del 31.01.2025, ha ribadito che il principio fiscale di competenza (art. 109 del TUIR) prevede di individuare prima l’esercizio di corretta competenza dei ricavi e solo successivamente quello dei correlati costi.
La questione sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità riguardava un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente il criterio di deducibilità temporale utilizzato.
In altre parole, per l’Amministrazione Finanziaria il contribuente avrebbe dedotto i costi anticipatamente rispetto all’anno di effettivo sostenimento.
Il contribuente, da parte sua, riteneva invece che la deducibilità dei costi fosse stata effettuata nell’anno di sostenimento dei ricavi, in ragione proprio delle disposizioni di cui all’art. 109 co. 1 del TUIR, con particolare riferimento alla correlazione tra costi e ricavi.
La Cassazione accogliendo le ragioni del contribuente ha precisato che in caso di anticipata realizzazione dei ricavi rispetto al sostenimento dei relativi costi, questi ultimi devono essere stimati e stanziati nell’esercizio in cui i ricavi vengono conseguiti.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione bisogna dapprima individuare l’esercizio di competenza dei ricavi e poi procedere all’individuazione dei relativi costi, ammessi in deduzione nel medesimo periodo.
A parere degli “ermellini” il principio di correlazione dei costi rispetto ai ricavi deve ritenersi intrinseco in quello di competenza. Non si può, cioè, prescindere dal concetto di correlazione civilistico – contabile tra produzione del reddito e costi correlati.
Detto principio di correlazione tra costi e ricavi trova peraltro riscontro anche nella prassi della Amministrazione Finanziaria e precisamente nelle seguenti risoluzioni:
- Risoluzione n. 14/E/1998
- Risoluzione n. 52/E/1998
- Risoluzione n. 91/E/2006
In applicazione del principio della correlazione sono i costi a seguire i ricavi, come si può ricavare da altre sentenze della Cassazione:
- La sentenza della Corte di Cassazione n. 16349/2014 ha affermato che qualora si verifichi uno sfasamento temporale delle componenti reddituali, una volta determinato l’esercizio di competenza dei ricavi, si determina automaticamente l’esercizio in cui divengono deducibili i costi.
- La sentenza della Corte di Cassazione n. 4265/2023 ha statuito, in generale, che i costi sono deducibili quando per loro natura risultano inerenti al reddito d’impresa e si ricollegano ai ricavi dell’operazione commerciale che li contempla.
A tal proposito, interessante è anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 6426 del 11.03.2025 che torna a riproporre l’ambigua formula dell’antieconomicità del costo, come sintomatica della mancata inerenza al ricavo.
Per la Cassazione il costo è deducibile solo se è funzionale alle singole attività sociali o, comunque, se apporta all’impresa un’utilità obiettivamente determinabile ed adeguatamente documentata.
Sempre per la Cassazione, è onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa e a tali prove l’Agenzia delle Entrate può contrapporre ulteriori elementi.
Secondo una lettura più coerente con la ratio della norma l’inerenza di un costo deve essere intesa alla sola stregua di un giudizio meramente qualitativo, di relazione solo funzionale tra il costo sostenuto e l’attività d’impresa.
L’errore che però non deve compiere l’Amministrazione Finanziaria è considerare un costo non inerente secondo un giudizio quantitativo – utilitaristico.
L’unico scrutinio valido è, invece, verificare se il costo fatto transitare per il regime d’impresa è stato poi destinato a consumi personali dell’imprenditore.
È solo in questo caso che viene a mancare il raccordo qualitativo del costo con le dinamiche d’impresa e lo stesso non risulta inerente, ma senza però espandere il giudizio al rapporto costi – benefici secondo precise logiche di condotta aziendalistica (il giudizio quantitativo – utilitaristico).
Traendo delle conclusioni, la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione conferma un principio fondamentale del diritto tributario: la corretta deduzione dei costi deve seguire la competenza dei ricavi, secondo quanto previsto dall’art. 109 del TUIR. La correlazione tra costi e ricavi non è un elemento accessorio, ma costituisce il nucleo del principio di competenza fiscale. Le sentenze analizzate chiariscono che, in presenza di ricavi già contabilizzati, i relativi costi devono essere stimati o imputati nello stesso esercizio, anche se materialmente sostenuti in un periodo successivo. In merito al requisito dell’inerenza, la Cassazione invita ad adottare un approccio qualitativo e funzionale, escludendo valutazioni soggettive di convenienza o utilità economica. È solo nei casi in cui un costo sia evidentemente destinato a scopi personali che può ritenersi privo di inerenza e quindi indeducibile.