Nel 2024 l’Italia ha battuto, ancora una volta, un triste primato: sono nati appena 370.000 bambini, il numero più basso mai registrato nella nostra storia repubblicana. Un calo del 2,6% rispetto all’anno precedente, con un tasso di fecondità sceso a 1,18 figli per donna. È il nuovo minimo storico: neanche nel 1995, anno già critico, eravamo scesi così in basso.
A confermarlo è l’Istat, che fotografa un Paese in progressiva ritirata demografica: la popolazione residente scende a 58.934.000 unità, con una perdita netta di 37.000 persone. L’età media sale a 46,8 anni, mentre la speranza di vita raggiunge gli 83,4 anni. Cresce la longevità, ma non cresce più la vita.
Nel giro di vent’anni, la dimensione media delle famiglie italiane è scesa da 2,6 a 2,2 componenti. Il crollo delle nascite è causato da più fattori: non solo dalla diminuzione della fecondità, ma anche dal drastico calo del numero di potenziali genitori.
Solo il Trentino-Alto Adige resiste, con un tasso di 1,39 figli per donna. Il resto del Paese si muove verso un equilibrio precario e silenzioso: quello dell’assenza.
Via i giovani, Via le energie
Nel 2024 156.000 italiani hanno lasciato il Paese, un aumento del +36,5% rispetto all’anno precedente. È il dato più alto degli ultimi vent’anni. Se ne vanno soprattutto i giovani, non per spirito di avventura, ma per mancanza di opportunità reali. Le mete preferite: Spagna, Germania, Francia, Regno Unito.
In Italia, il potere d’acquisto dei salari è tra i più bassi dell’Eurozona, soprattutto per i giovani tra i 25 e i 34 anni. Il costo della vita, in particolare nei grandi centri urbani, continua a crescere, rendendo sempre più difficile l’accesso a un’istruzione universitaria senza il supporto familiare. La stabilità lavorativa, un tempo garantita da contratti a tempo indeterminato, oggi è spesso sostituita da impieghi precari o a termine. In questo contesto, conquistare l’autonomia, costruirsi una famiglia o acquistare una casa non è impossibile, ma rappresenta una sfida crescente, soprattutto per chi parte senza risorse solide alle spalle.
Pensioni, welfare, imprese
Il declino demografico non è solo una questione privata. È una bomba a orologeria pubblica.
Chi pagherà le pensioni domani?
Chi sosterrà la sanità pubblica, con una popolazione sempre più anziana e bisognosa di cure?
Chi guiderà la rinascita del Sud, se interi paesi vengono abbandonati e le aree interne restano prive di servizi essenziali?
Anche le imprese rischiano: senza nuovi lavoratori, la produttività crolla e l’economia arretra.
Non si genera futuro senza lavoro.
Senza lavoro dignitoso e opportunità concrete, l’Italia continuerà a perdere non solo numeri, ma soprattutto energie, idee, innovazione. La demografia non si cambia con proclami, ma con visione, investimenti strutturali, coraggio politico.
Serve un progetto Paese che rimetta al centro le giovani generazioni: che dia loro fiducia, strumenti, spazi per costruire. Perché il futuro non nasce da solo: si semina oggi, con scelte giuste, inclusive e lungimiranti. Restituire valore al lavoro, alla famiglia, alla progettualità individuale non è un compito per domani. È una responsabilità di oggi.