Con FolleMente il regista Paolo Genovese ha fatto ancora una volta centro: il film con Pilar Fogliati ed Edoardo Leo ha immediatamente conquistato il box-office italiano, conquistando la prima posizione in classifica e ribadendo ancora una volta la necessità di aprire una discussione sullo stato di forma del nostro cinema e su quanto alcune pellicole, spesso additate incautamente come capolavori, dovrebbero invece rappresentare nient’altro che il prodotto medio a cui l’industria cinematografica italiana dovrebbe ambire.
Andiamo con ordine: in FolleMente abbiamo come protagonisti Edoardo Leo e Pilar Fogliati nel ruolo di un uomo e una donna che, al loro primo appuntamento, si ritrovano ad avere a che fare con le ansie, le paure e i freni inibitori che chiunque si sia trovato in una situazione sentimentalmente/sessualmente promettente avrà provato almeno una volta nella vita.
Il film ci concede dunque, sullo stile di Inside Out, di osservare da vicino ciò che accade nelle menti dei nostri: qui troviamo i vari aspetti delle loro personalità, meravigliosamente interpretati da Emanuela Fanelli, Maria Chiara Giannetta, Claudia Pandolfi e Vittoria Guccini per quanto riguarda la psiche della protagonista Lara e da Marco Giallini, Maurizio Lastrico, Rocco Papaleo e Claudio Santamaria per quanto riguarda Piero, il personaggio di Edoardo Leo. Ne seguiranno una serie di situazioni che vanno dal comico al riflessivo, fino ad arrivare ad un finale tutto sommato non banale e ben architettato dall’evolversi della vicenda e dall’evoluzione tanto dei personaggi quanto delle rispettive personalità.
Va precisato, per quanto riguarda l’ovvio paragone con Inside Out, che tra i due film vanno fatti dei distinguo: non solo Genovese rivendica di aver concepito l’idea anni prima dell’uscita in sala del capolavoro Pixar (“A me era venuta nel 2004 durante la regia di uno spot per il canone Rai in cui un lui e una lei discutevano in macchina e noi spettatori ascoltavamo fuori campo i loro pensieri” sono state le parole del regista), ma il suo focus è, come già spiegavamo in apertura, sui lati delle personalità che governano la psiche di Lara e Piero (tutto nasce dall’idea del polipsichismo, teoria che risale agli studi di Jung sugli archetipi), e non sulle emozioni degli stessi, come accade invece nel celebre film animato. Genovese, dal canto suo, riesce a gestire il tutto con mestiere, mantenendo un buon ritmo e tratteggiando personaggi credibili e ben interpretati: un plauso va fatto, in tal senso, a un cast davvero ben assortito che mette in luce ancora una volta alcuni dei nostri migliori talenti (spiccano, in particolare, Emanuela Fanelli e Claudio Santamaria, ma tutti gli altri non sono da meno).
FolleMente, insomma, è un buon film, così come lo era un altro enorme successo di pubblico e critica di Paolo Genovese, quel Perfetti Sconosciuti che nel 2016 conquistò tutti in Italia e all’estero, al punto da ricevere numerosi remake; esattamente come già accaduto con Perfetti Sconosciuti, ciò che si rischia è l’effetto ipervalutazione del film stesso e, di conseguenza dello stato di salute del nostro cinema: buon film nel complesso, FolleMente è comunque un film “comodo”, che non si prende il rischio addentrarsi in territori che potrebbero risultare sgraditi a questo o quello spettatore, che punta a un finale rassicurante (come lo era, e in maniera decisamente più furba, quello del già citato Perfetti Sconosciuti) e che resta, insomma, lontano dai livelli raggiunti, per restare nell’ambito dei film ambientati tra quattro mura e con un cast ridotto all’osso, da capolavori immani del genere come il Carnage di Roman Polanski.
FolleMente, insomma, è un buon film (a tratti ottimo) che non deve farci gridare al capolavoro e deve, invece, contribuire ad aumentare la nostra consapevolezza del fatto che lavori del genere debbano diventare il risultato medio della nostra industria cinematografica, e non i suoi prodotti d’eccellenza. Canteremo vittoria, dunque, quando cominceremo a goderci i C’è Ancora Domani e i FolleMente senza sentire il dovere di innalzarli a ciò che non sono: per arrivare a ciò, però, c’è bisogno di rischiare e di istruire un pubblico impigrito da anni di piattume la cui coscienza viene periodicamente lavata da film piacevoli come quelli che vi abbiamo citato o dall’ennesima pretesa pseudo-autoriale dell’Ozpetek o del Muccino di turno. Paolo Genovese, nel frattempo, si goda comunque un meritatissimo successo.