Io Sono la Fine del Mondo è il film con cui il comico Angelo Duro ha fatto il suo esordio da protagonista sul grande schermo: la nuova fatica di Gennaro Nunziante (il regista, per intenderci, a cui Checco Zalone deve in buona parte il suo successo in sala) ha sin dal primo momento cominciato a far staccare biglietti su biglietti, ma mai come in questo caso il successo e la qualità non vanno di pari passo.
Il protagonista del film è Angelo, un ragazzo che, dopo aver vissuto per anni lontano dai genitori, si ritrova a prendersene cura per alcuni giorni quando la sorella, che solitamente si occupa dell’anziana coppia, parte delle vacanze: da lì in poi tutto diventa un pretesto per gag generalmente basate sul pessimo rapporto di Angelo con i suddetti genitori e sulla voglia del ragazzo di rendere impossibile la vita a sua madre e suo padre, per arrivare poi a un prevedibile finale in cui il nostro riesce, con l’inganno, a coinvolgere i suoi in un viaggio direzione Svizzera e suicidio assistito, con tanto di dito medio alzato al pubblico in sala. Un vero e proprio inno al “politicamente scorretto” per chi, neanche a dirlo, del politicamente scorretto non conosce neanche l’indirizzo.
Angelo Duro conduce da anni una battaglia, sublimata appunto nella sua prima uscita da protagonista sul grande schermo, contro il politically correct, proponendosi come esponente di una comicità scomoda, cattiva e impietosa: il comico ex-Le Iene fa un largo uso del turpiloquio, di insulti su argomenti che qualcuno potrebbe ritenere poco convenienti (l’anzianità, l’aspetto fisico e così via) e di tutti quegli elementi che vorrebbe bastassero a elevarlo a paladino della comicità scorretta, ma che risultano semplicemente triti, ritriti e privi di consistenza a chiunque abbia assistito anche solo a uno spettacolo di stand-up comedy (ne abbiamo anche in Italia, non c’è necessariamente bisogno di scomodare i mostri sacri americani e britannici), ma anche, a voler abbassare di parecchio l’asticella, alle uscite dei già poco efficaci Pio e Amedeo o dello stesso e già citato Checco Zalone.
Il risultato, insomma, è di assistere alle imprese di qualcuno che sembra sbracciarsi per attirare l’attenzione di quel pubblico facile a scandalizzarsi o al bearsi del pensiero di ridere di ciò di cui altri si scandalizzano: un pubblico, insomma, che comprende nel primo caso chi non è mai andato oltre Leonardo Pieraccioni e, nel secondo, quella fetta (purtroppo consistente, va detto) di italiani convinti di esser prigionieri di un’inesistente dittatura del politically correct (come se ai già citati stand-up comedian venissero imposte censure di qualche tipo).
Risulta chiaro, a questo punto, che il problema non è da ricercare nel turpiloquio o nella scorrettezza morale di alcune soluzioni, ma in una ingiustificabile assenza di sostanza e contenuto e di voglia di stupire: se il politically incorrect dei Ricky Gervais e dei Louis CK o, per risalire ai mostri sacri, dei George Carlin e dei Bill Hicks punta a far saltare dalle sedie il proprio pubblico con soluzioni cattive, moleste, urticanti anche in quanto inattesa e insospettate, quello (presunto) di Duro non fa altro che solleticare gli istinti bassi di un pubblico che ha evidentemente la voglia del bambino in età da scuola primaria di vedere insegnanti e genitori scandalizzarsi davanti a una sua parolaccia.
Superfluo, infine, è aprire il discorso relativo alla validità tecnica del film: Io Sono la Fine del Mondo è un prodotto cinematograficamente insignificante proprio come tutti quelli diretti da Nunziante finora (non fanno eccezione i clamorosi successi al box-office di Zalone, mediamente piuttosto piatti sotto quest’aspetto). La regia è quella che ci si può aspettare da un onesto mestierante che bazzica le fiction Rai, la fotografia semplicemente inesistente: tutto, insomma, nasce e muore come palcoscenico per le gesta di Duro, senza alcuna voglia di fare del cinema che sia possibile definire tale. Mancanze che, comunque, non sembrano preoccupare il pubblico, che al momento sta premiando il film: Io Sono la Fine del Mondo è prossimo a raggiungere i 10 milioni di euro al box-office dopo un mese di programmazione, e l’impressione è, dunque, che l’esperienza di Duro sul grande schermo non sia finita qui.