Origine e caos va ad indagare visivamente Carmela De Caro, l’artista originaria di Mercato San Severino in provincia di Salerno che sarà presente al Civico 23, la galleria espositiva ubicata nel quartiere Mercatello di Salerno, da sabato primo febbraio al 15 dello stesso mese.
La sua espressione creativa si colloca a metà fra figurativismo ed astrattismo mentre la prevalenza di una certa matericità e del colore zero che è il bianco, comunica luminosità e finisce per coinvolgere emozionalmente chi guarda.
L’artista assegna un ruolo essenziale alla casualità nella elaborazione dell’opera stessa e del suo significato. Le cromie modellano la forma e delineano gli spazi e si muovono in continua metamorfosi cioè le sue immagini possono trasformarsi costantemente in forme eterogene durante la composizione.
Il commento critico del curatore
”Sin dal secolo scorso a caratterizzare l’arte, in particolare l’arte contemporanea, è stata l’alternanza tra il contenuto e l’espressione, come elementi imprescindibili della significazione. In anni recenti lo stesso Filiberto Menna ha definito questi ambiti sollevando la “questione” dell’espressione rispetto alla superficie e conferendo a quest’ultima uno statuto di assoluta autonomia. Umberto Eco, dal canto suo, riteneva che la materia, a partire dall’arte Informale, avesse assunto il ruolo di significato e significante adducendo come la significazione si potesse ricercare nei “micro fenomeni” della superficie stessa. Naturalmente mi sembra superfluo ribadire come nell’ambito dell’arte contemporanea le traduzioni in termini linguistici di un’opera siano di fondamentale importanza, soprattutto se l’opera in oggetto è determinata da un’assenza di riferimento alla realtà esterna. Su logiche diverse, anche se in linea con quanto accennato, si articola la pittura di Carmela De Caro, una pittura in bilico tra figurazione e materia astratta. Osservare con attenzione i suoi dipinti è come scoprire lo svolgersi di un avvenimento, di un’azione che si traduce in una sorta di ammonimento rivolto all’uomo, al mondo. Le figure ivi presenti spesso sembrano imprigionate dalla materia, ovvero la materia le ingloba assumendo un ruolo fondamentale di completamento o, addirittura, di ampliamento dell’effetto compositivo d’insieme. Dunque ritornando alla complementarità tra espressione e contenuto, tra significato e significante, si può ben dire come nel caso della De Caro questo doppio aspetto sia unificato dalla forza della materia di farsi contenuto e dall’eloquenza di quest’ultimo a farsi colore, linea, macchia, tessuto, graffio. Detto altrimenti si potrebbe dichiarare che la pittura di Carmela De Caro si manifesti attraverso un processo di formatività in cui l’immagine subisce una continua metamorfosi nel momento stesso in cui si concretizza. In questo processo ideato ma non “formato”, o per meglio dire in fase di forma/zione, giocano un ruolo fondamentale le casualità che si traducono in probabilità spesso evocate, desiderate, al fine di dare nuovo senso e ordine al dipinto. Si tratta di raccogliere le forze, di organizzare gli spazi dandone un senso attraverso un riordino che renda la composizione percettivamente accettata e soprattutto funzionale alle attese dell’artista. Il pittore Francis Bacon riteneva che l’azione di un pittore consistesse in una selezione, in un tentativo di allontanamento dalle forme comuni, seguendo, con perentoria affidabilità, ciò che una macchia o una campitura sul dipinto potessero evocare, per poi disporre ogni elemento della composizione che gli consentisse di allontanarsi da un caos primigenio che ne aveva consentito la formazione. Sembrerebbe che l’arte di Carmela De Caro segua questo procedimento dove qua e là grumi di colore, masse cromatiche informi, larghe campiture fanno da “sostegno” a corpi, o parti di corpi, in una danza cromatica dai toni accesi, vibranti e vorticosi. Si tratta di una danza dall’andamento apparentemente caotico ma che però contiene in sé il germe di una forza e un ordine espressivo di ineguagliabile pathos estetico e affettivo.” (Angelo D’Amato)