Salerno capitale ricorda uno dei periodi più drammatici della storia d’Italia. Il governo italiano, anche se per poco tempo, si spostò a Salerno, rendendola di fatto capitale d’Italia.
Era l’11 febbraio 1944 e si trasferirono in città tutti i rappresentanti del governo italiano e della monarchia sabauda, che diventarono capi del Regno del Sud Italia, in attesa di liberare il resto del paese.
Salerno fu consegnata dagli Alleati a Vittorio Emanuele III e a Badoglio per formare il primo governo italiano capace di organizzare la resistenza antifascista e ricostruire l’Italia dopo la caduta del fascismo; nel 1944 Roma era ancora occupata dai tedeschi e la base strategica migliore era proprio la Campania. Il re si stabilì a Ravello, a Palazzo Episcopio, in cui creò una vera e propria corte. Il governo con a capo il generale Badoglio, invece, era nel Palazzo Comunale e la città vantò un ministro, Giovanni Cuomo per l’Educazione. Dall’8 settembre 1943 anche un altro salernitano, Raffaele Guariglia, fu ministro degli Esteri, ma Badoglio diventò titolare anche della sua carica al momento dell’insediamento a Salerno.
In quel periodo risorse anche l’Università di Salerno che, nonostante la sua secolare storia, era rimasta chiusa per sessant’ anni dopo l’Unità d’Italia.
Mentre il re viveva in Costiera Amalfitana, tutt’intorno regnava il caos.
In ogni angolo del Nord Italia si combatteva ancora e per decidere le sorti del paese, a Salerno si riunirono tutti partiti antifascisti, alla ricerca di una soluzione per ricostruire il futuro dell’Italia.
Arrivarono in città anche molti intellettuali italiani: da Enrico De Nicola, futuro capo dello Stato, a Benedetto Croce, padre costituente, e a Carlo Sforza, uno dei padri fondatori dell’Europa.
Una riunione a Salerno, al centro c’è Benedetto Croce.
Ognuno aveva una soluzione ma non si trovava una via d’uscita. Nel frattempo il re Vittorio Emanuele non voleva assolutamente lasciare la sua carica.
Fu proprio in quel momento che tornò dall’Unione Sovietica anche Palmiro Togliatti, capo del Partito Comunista che sorprese tutti riuscendo a convincere comunisti e socialisti italiani ad unirsi alla lotta contro il fascismo assieme ad altri movimenti politici, per creare un governo democratico.
Un colpo di scena che spiazzò e mise d’accordo tutti.
Arrivò il 15 agosto 1944: Roma fu dichiarata sicura e il governo ritornò in quella che, durante tutto il periodo salernitano, era rimasta formalmente ancora capitale.
Dell’esperienza di Salerno, però, rimase lo spirito di collaborazione per un futuro migliore. Per la prima volta tutti i partiti si erano incontrati con il solo intento di ricostruire l’Italia: comunisti, repubblicani, socialisti, democratici.
Una unione di intenti che portò, pochi anni dopo, a gettare le basi della nostra Costituzione e della Repubblica.
LA RESA DI CASERTA
Un altro capoluogo campano diventò cruciale per gli eventi della guerra in uno dei monumenti più importanti d’Italia: Caserta e la sua Reggia.
La Reggia, dopo la presa di Caserta, diventò il quartier generale degli Alleati con residenza personale del generale Harold Alexander che dormiva nelle stesse stanze dove ottant’anni prima morì Ferdinando di Borbone.
Il 29 aprile 1945 nella Reggia di Caserta si riunirono tutti i protagonisti della Seconda Guerra Mondiale per firmare l’atto con cui per sempre si dichiarò concluso il più grande dramma della Storia umana. Quell’atto fu chiamato “la resa di Caserta” e sancì, definitivamente la fine delle ostilità in Italia.
Tutto avvenne intorno ad un tavolo nella sala di Astrea della Reggia di Caserta che già ai tempi dei Borbone aveva un alto valore simbolico: decorata su ordine di Gioacchino Murat ma fu Ferdinando IV di Borbone a destinarla come anticamera per gli ambasciatori, segretari di Stato e altri dignitari.
Astrea nella mitologia greca era una dea che simboleggiava la giustizia.