L’aggressione israeliana contro il popolo palestinese, da oltre un secolo, porta avanti un piano genocidiario e di pulizia etnica che, solo dal 7 ottobre, ha causato decine di migliaia di morti e feriti, una distruzione di massa che ha raso al suolo la maggior parte delle infrastrutture, rendendo la Striscia di Gaza un territorio inabitabile per l’essere umano.
Coerentemente con il piano genocidario, l’esercito israeliano da sempre perpetra un ecocidio sulla terra palestinese, ovvero la deliberata e sistematica distruzione del suo ambiente.
Non solo dal 7 ottobre ma da quasi un secolo, l’inquinamento causato da bombe e operazioni militari ha gravemente deturpato l’intero ecosistema palestinese. Le sostanze tossiche rilasciate dalle armi si infiltrano nel suolo, formando un mix dannoso per i terreni agricoli e le acque sotterranee che entrano così nella catena alimentare mettendo a rischio la salute degli esseri umani, più di quanto non sia già compromessa. Israele sta cancellando quindi la biodiversità dei territori palestinesi, distruggendo le aziende agricole e provocando la morte di animali da allevamento, oltre che causando importanti perdite economiche.
Gli insediamenti coloniali inoltre, così come l’espropriazione dell’acqua e delle risorse naturali, hanno un impatto devastante sulle vite dei palestinesi e sull’ambiente.
Per questo è necessario parlare di apartheid ecologico in Palestina come parte integrante del progetto sionista di colonialismo d’insediamento. Tali pratiche di segregazione si traducono in crimini ambientali organizzati, come la confisca di terre, il land grabbing e la distruzione sistematica di uliveti millenari.
Ecocidio e genocidio sono dunque profondamente interconnessi, in quanto la distruzione deliberata e sistematica dell’ambiente è uno strumento di cui si serve lo stato sionista per distruggere il popolo palestinese.
L’Unione dei Comitati degli Agricoltori (UAWC) in Palestina fin dalla sua nascita sostiene gli agricoltori, le piccole organizzazioni della società civile palestinese nello sviluppo di sistemi e strumenti per accedere alla loro terra con l’obiettivo di coltivarla, configurandosi questa come forma di resistenza e di opposizione alla colonizzazione della terra palestinese.
Ne parleremo con Fadil Alkhaldy, membro dell’Unione dei Comitati degli Agricoltori di Gaza, per una testimonianza diretta del genocidio e dell’ecocidio palestinese. Con noi saranno presenti Antonio del Castello, docente di Letteratura italiana dell’Università Federico II, i dottorandi e le dottorande dell’Università l’Orientale parte del progetto Huna Filastin – Narrare e scrivere la Palestina. Un laboratorio permanente.