L’arte è, da sempre, il campo di battaglia tra la libertà creativa e le imposizioni della società. Non sorprende, dunque, che poeti, pittori, musicisti e giornalisti abbiano spesso avvertito e subito il peso della censura.
Nei secoli, la censura ha cambiato volto, ma non intenzione. Inquisizione, dogmi, rigide regole di decoro: le sue maschere si sono evolute, ma l’obiettivo resta invariato. Anche oggi, in un’epoca che si proclama libera e aperta, la censura assume forme più sottili e insinuanti. Si traveste da esigenze di mercato o da richiami alla rispettabilità, ma il risultato è lo stesso: un freno all’immaginazione. Persino i giornalisti, custodi del diritto di informare, sono spesso costretti a muoversi entro confini imposti da logiche di potere o interessi economici.
Il dilemma: arte e utilità
Nel corso della storia, molti artisti si sono ribellati alla subordinazione dell’arte alla morale. L’estetismo, con Oscar Wilde, si è fatto portatore di un’idea radicale: l’arte non non deve rispondere alla morale né al mercato, ma vivere per sé stessa, libera da qualsiasi funzione pratica. L’artista non deve servire padroni, né essere piegato alle convenzioni sociali, ai programmi dei partiti politici o alle fredde logiche di mercato. La sua missione non è compiacere, ma creare. Creare qualcosa di bello, qualcosa che liberi l’uomo dalla prigionia del quotidiano e lo innalzi al di sopra dei suoi problemi, anche solo per un istante.
Il caso Tony Effe
C’è un filo sottile, spesso invisibile, che lega la libertà creativa al giudizio morale. Il caso di Tony Effe ne è un esempio vivido e controverso. L’esclusione del rapper romano dal concerto di Capodanno al Circo Massimo è stata giustificata con l’intento di evitare divisioni e di non urtare la sensibilità del pubblico, a causa dei suoi testi, accusati di sessismo e misoginia. Ma dietro questa scelta, che si vorrebbe etica, si cela una questione più profonda: è giusto piegare la creatività a regole morali, sacrificando la libertà artistica?
La decisione ha suscitato reazioni accese non solo tra il pubblico, ma anche tra artisti di rilievo, che hanno scelto di schierarsi apertamente. Mahmood e Mara Sattei, ad esempio, hanno ritirato la loro partecipazione al concerto, denunciando quello che considerano un pericoloso precedente. “Ogni forma d’arte deve essere libera di esistere, anche quando non siamo d’accordo con il suo messaggio,” hanno dichiarato, sottolineando come censurare un artista non significhi risolvere un problema, ma oscurare una voce.
Di fronte all’esclusione, Tony Effe ha risposto organizzando un evento alternativo al Palaeur di Roma.
La censura in Europa
La censura in Europa presenta sfaccettature diverse a seconda dei paesi, con implicazioni significative per la libertà di stampa e di espressione. Il rapporto annuale 2023 di Reporters Without Borders evidenzia un deterioramento della libertà dei media in numerosi Stati membri dell’UE, con l’introduzione di leggi che restringono l’attività giornalistica e un aumento dei casi di censura preventiva e autocensura tra i professionisti dell’informazione.
Queste forme di censura hanno un impatto profondo sulla società, limitando l’accesso a informazioni cruciali e influenzando negativamente il dibattito pubblico. È fondamentale, quindi, che le misure adottate per regolamentare i contenuti online siano bilanciate e trasparenti, garantendo che la lotta contro la disinformazione non si traduca in una limitazione indebita della libertà di espressione.
Un’arte omologata
Viviamo in un’epoca in cui l’arte sembra essere sempre più costretta a piegarsi a logiche di conformità, accettando un sistema che premia solo ciò che si allinea a tematiche considerate di “serie A”, lasciando tutto il resto ai margini. La storia ci ammonisce: ogni artista di genio ha affrontato il suo inquisitore, da Oscar Wilde, perseguitato per la sua omosessualità, a James Joyce, censurato per l’audacia di Ulisse, fino a Pasolini, che sfidò la morale del suo tempo con un’arte viscerale e scomoda. Eppure, la censura di oggi è ancor più pericolosa. Se un tempo erano tribunali, enti ecclesiastici e re a sancire il confine tra il lecito e l’illecito, oggi opera in modo sottile e infimo, nascosta tra algoritmi, pressioni sociali e logiche di mercato. È una censura che non si manifesta apertamente, ma che agisce silenziosamente, spegnendo voci scomode prima ancora che possano farsi sentire.
Un appello ai Lettori
Chiudiamo con un invito alla riflessione: difendere la libertà artistica significa proteggere il diritto di immaginare, di spingersi oltre i confini imposti dalle regole. La censura, nella sua forma più subdola, è un veleno silenzioso che intacca l’anima creativa, la distrugge. L’arte vive per incarnare l’essenza dell’artista: contraddittoria, imperfetta, ribelle.