Tra i tanti contenuti che circolano in rete, ce n’è uno in particolare che ha attirato la mia attenzione.
Trattasi dell’Ufficio Postale alla Deriva, meglio conosciuto in giapponese come HyĹŤryĹ« YĹ«binkyoku, sorto sull’isoletta di Awashima, nel Mar del Giappone. Ideato dall’artista Saya Kubota per la Triennale d’Arte di Setouchi nel 2013, Missing Post Office doveva essere solo una installazione temporanea. Il successo dell’iniziativa, invece, grazie anche alla passione di Nakata Katsuhisa – ex postino invitato a collaborare -, ha consentito un ulteriore periodo vitale.
In questo luogo sono giunte cartoline da tutto il mondo, storie di vite vissute, di amori non corrisposti, di perdite, di frasi non dette, di nuovi sé. Una stanza speciale dove l’intensità di un’emozione ha trovato voce e riparo nella corrispondenza di un comune sentire, un message in a bottle in forma anonima che, anziché disperdersi, è stato custodito in uno spazio ben definito.
Scatole di latta sospese e oscillanti su un tavolino di legno girevole, tenute al soffitto da corde di pianoforte, diventano il segno tangibile di ricordi, di speranze e di impulsi mai palesati.
Incuriosita, approfondisco la lettura e scopro che la stessa opera aveva giĂ superato i confini del festival d’arte per il quale era stata concepita, divenendo così una sorta di fenomeno sociale ripreso dai media, pubblicata persino come libro.
E sfogliando con gli occhi vari elenchi di libri in lingua nipponica, apprendo che da questo progetto artistico prende spunto il nuovo romanzo della scrittrice romana Laura Imai Messina, intitolato L’Ufficio degli Indirizzi Perduti, edito da Einaudi, collana Supercoralli.
Riporto fedelmente quanto trascritto sul sito della nota casa editrice: «C’è una piccola isola, nel mare interno di Seto, che ha la forma di un’elica e non piĂą di centocinquanta abitanti. Proprio lì, nell’ufficio postale di Awashima, vengono conservate tutte le lettere spedite a un destinatario irraggiungibile: un amore perduto eppure ancora presente, la ragazza che leggeva Kawabata su un autobus a Roma, l’inventore del fon, il giocattolo preferito d’infanzia, il primo bacio che tarda ad arrivare. Come messaggi in bottiglia, sono parole lasciate andare alla deriva che non aspettano una risposta. PerchĂ© scrivere può curare, tenere compagnia, aiutarci a decifrare il mondo, o la nostra stessa anima. Tutto il senso dello scrivere queste lettere è, precisamente, scriverle.
Un romanzo felice, pieno d’incanto, sulla potenza della scrittura e sulla meraviglia che può nascere dalla fiducia nelle relazioni, anche quelle con gli sconosciuti».
Annoto il testo nella mia wishlist e mi accingo ad elaborare il nuovo pezzo per il giornale, rimuginando su quanto sia profondo, ancora oggi, il bisogno delle persone di essere ascoltate e su chi potrebbe essere il destinatario immaginario di una mia missiva alla deriva…