La ventinovesima edizione del Festival “Linea d’Ombra” diretta da Giuseppe D’Antonio e Boris Sollazzo ha chiuso in bellezza lo scorso 16 dicembre alla Sala Pasolini con la proiezione speciale, fuori concorso, del film “Mary e lo spirito di mezzanotte”, il film in animazione ispirato al romanzo dell’irlandese Roddy Doyle e co-sceneggiato con Dave Ingham. A seguire, ha avuto luogo l’incontro con d’Alò per quello che è l’appuntamento fisso della Sala Pasolini, il Ring condotto da Boris Sollazzo che con Peppe D’Antonio firma la direzione artistica di Linea d’Ombra. E’ stato possibile seguire l’evento anche in diretta streaming sui canali social del festival.
“Nei tempi bui che la nostra societĂ sta attraversando, il cinema e la cultura diventano una volta ancora strumento essenziale di comunicazione e riflessione – dice Enzo d’Alò – Lunga vita a Linea d’Ombra, festival di contenuti innovativi e di aggregazione! Sono felice ed orgoglioso di esserci anch’io” – ha dichiarato il regista, presente anche con la doppiatrice Maricla Affatato. In seguito, ha avuto luogo la premiazione dei film in concorso per Passaggi d’Europa e LineaDoc. Durante la cerimonia sono stati assegnati il “Premio BANCA DI CREDITO COOPERATIVO CAMPANIA CENTRO” al miglior lungometraggio sezione Passaggi d’Europa e il “Premio CAMERA DI COMMERCIO DI SALERNO” al miglior documentario sezione LineaDoc. Sono stati 150 i giurati popolari di Passaggi d’Europa, a partire dai 14 anni di etĂ . Cinquanta, invece, quelli che hanno visto e giudicato le opere in concorso per LineaDoc.
Linea d’Ombra Festival XXIX edizione è un’iniziativa realizzata con il contributo e il patrocinio della Regione Campania con la Film Commission Regione Campania, del Comune di Salerno, della Direzione generale Cinema e audiovisivo – Ministero della Cultura, della Camera di Commercio di Salerno. Main Sponsor: Banca di Credito Cooperativo Campania Centro / Fondazione Cassa Rurale Battipaglia, Nexsoft S.p.A. Altri enti sostenitori: Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana. Altri Sponsor: E-Campus, La Doria, Rotary Club Salerno. Sponsor tecnico: Fondazione della ComunitĂ Salernitana. Media partner: Radio RCS75, Taxidrivers.
-Maestro, nel suo ultimo film Lei ha utilizzato, per il doppiaggio, giovani doppiatori e voci colonna del nostro cinema, da Melina Martello a Carlo Valli a Maria Pia Di Meo. Come riesce a conciliare tradizione ed innovazione? E come sceglie le sue voci?
Anzitutto ho dei collaboratori molti validi e l’esperienza di Maricla Affatato mi aiuta molto, avendo una conoscenza delle voci molto ampia e professionale. Io, poi, amo le voci pastose, sporche del nostro cinema. Così abbiamo scelto le voci che piĂą mi sembravano adatte al film. Per quanto riguarda la Di Meo, come le altre, ci piaceva molto per dare la voce al personaggio della nonna, con quella sua gravitĂ scherzosa che devono avere le nonne, personaggi fondamentali nell’infanzia: esse sono un ponte, sono come delle sorelle maggiori perche’ sono sgravate dalla responsabilitĂ di essere madri ed allo stesso tempo, hanno una grande responsabiltĂ verso i nipoti. -Che e’ anche il messaggio, tra i tanti, del film..
Assolutamente. I nipoti devono sempre approfittare del patrimonio culturale dei nonni perche’ essi sono la tradizione orale e la tradizione orale vive di contaminazioni , anche della modernitĂ . Il rischio di una cultura che non e’ contaminata e’ quello di divenire archeologia della cultura, non uno strumento per affrontare la vita. Su come scelgo i personaggi io ho un preciso metodo.
-Quale?
-Vorrei che i miei personaggi siano sempre credibili perche’ lo spettatore deve immedesimarsi, provare le stesse sensazioni dei protagonisti, devono sentire che quello che sta succedendo e’ vero. Vorrei che esistesse sempre il modo di coinvolgere il pubblico fino a che il pubblico faccia proprie le sofferenze o le gioie che hanno i protagonisti del film. Per giungere a questo risultato, noi chiediamo agli attori di fare la propria voce, non forzarla. Le voci forzate sono la negazione del cinema del reale perche’ noi facciamo cinema del reale, anche se facciamo cinema di animazione.
-Interessante e’ anche il discorso della contaminazione. Nel film, a mio parere, vi sono alcuni rimandi al suo capolavoro, “La Gabbianella e il Gatto“, penso alla scena del sogno, molto onirico, dalle illustrazioni stilizzate…
Anche in una delle scene finali del film, quando i gatti entrano nel sogno dell’uomo per spiegare agli umani i problemi (mi sembrava fuori luogo far parlare i gatti). In tutti i miei film c’e’ una parte onirica, la parte del volo ecc. Per fare una sorta di metafilm sono costretto a cambiare stile di animazione in modo da far capire che siamo in un sogno o in un incubo. Scelgo anche il tipo di segno per evidenziare quello che sta succedendo. Per il sogno ho voluto dare questa patina antica della madre della nonna che muore di spagnola. Una sceneggiatura scritta prima dell’arrivo del Covid e che e’ stata, diciamo, profetica. Il Covid casca, tra l’altro, cento anni dopo la “Spagnola”, una coincidenza incredibile.
-I suoi film sono stati visti ed apprezzati da milioni di bambini nei decenni. Come vede lei questa generazione attuale e la sua fruizione con i film d’animazione?
Questa generazione, forse non riesce piĂą a decodificare gli stimoli, non perche’ sono troppi ma perche’ non c’è piĂą la cultura. Noi stiamo perdendo la cultura, le nuove generazioni non decodificano piĂą. Anche io ho tanti stimoli ma io cerco di capire. Non e’ colpa loro, ne sono le vittime. La tecnologia non e’ nostra nemica, anzi. Addossare la colpa alla tecnologia di tutto e’ uno scaricarsi la coscienza. Oggi, ripeto, c’e’ bisogno di cultura, di curiositĂ , non esiste piĂą nè il sogno ne’ l’utopia. La mia generazione aveva entrambe. Sono felice di appartenere ad una generazione che lottava per i propri sogni, come Mary lotta per divenire una grande chef, utopia anche quella (forse una persona su mille diventa chef). Noi ci credevamo.
-C’era un’ideologia che oggi, forse, non c’e’…
C’era l’ideologia che era la nostra utopia. Oggi non c’e’ l’ideologia perche’ c’e’ molta distrazione e non c’e’ una base culturale, mancano gli operatori culturali che siano gli insegnanti. Non e’ una colpa ne’ un giudizio il mio. Forse e’ un dato di fatto. Si deve ricominciare dalla base, cominciare a lavorare dal basso e ciò non e’ un lavoro ed un risultato che non si fa in un anno ma si fa in piĂą di una generazione. Occorre ripartire altrimenti andiamo al massacro. Esistono i negazionisti, addirittura i terrapiattisti!. Noi abbiamo il dono dell’immaginario che e’ un qualcosa di straordinario: bevi l’acqua perche’ pensi che sia l’acqua che esce dalle fonti del Monviso…può essere l’acqua piĂą cattiva del mondo ma tu la bevi con un’idea di purezza. Oggi abbiamo tutto sotto gli occhi e non abbiamo piĂą gli strumenti culturali per poter gestire il tutto. Dunque il telefonino diventa uno strumento diabolico ma siamo noi che lo trasformiamo in tale strumento perchè non riusciamo a staccare gli occhi da esso. La cultura ha avuto sempre, tra i suoi molteplici compiti, il fine di far riflettere e di moderare gli estremismi.