In una società sempre più frenetica e sempre di corsa verso non si sa che cosa, sorgono sempre di più malesseri di ogni genere, da stati di stress, attacchi di panico, mancanza d’aria, depressione, disturbi psico-somatici e così via.
L’importanza di ritagliarsi degli spazi personali per ricaricare le energie diventa fondamentale.
C’è che si rifugia nello sport, nella danza, nelle arti marziali, nella musica, nell’arte ma la cosa più rigenerante in assoluto è il silenzio.
Diciamo anche che non è per tutti la ricerca del silenzio anzi molti lo evitano o addirittura lo temono, riempendo i propri spazi con rumori e suoni di ogni genere, televisore, radio, computer, auricolari e il loro tempo in mille attività.
Il silenzio può spaventare: non tutti sono abituati a rimanere soli con se stessi ma vi assicuro che è la cosa più rigenerante che esista.
Antar mauna: il silenzio interiore secondo lo yoga
Antar mauna, il silenzio interiore, è una delle pratiche tenute in maggior considerazione nell’ambito dello yoga tradizionale. Suo specifico obiettivo è quello di condurre il praticante, per gradi di crescente impegno, a una condizione interiore di silenzio.
Satyananda introduce alla pratica con queste parole:
“Quando è silenziosa e in pace la mente diventa molto potente, si trasforma in uno strumento perfetto, un recettore di beatitudine e saggezza.
La vita diviene flusso spontaneo, espressione di gioia. Tutto questo naturalmente avviene quando la mente è in uno stato di silenzio interiore.Tale silenzio interiore non potrà mai generarsi fintanto che la mente sarà turbata da un continuo flusso di pensieri e di turbolenze emotive. Tutto il rumore interiore dei pensieri e delle emozioni deve essere allontanato prima che si possa sperimentare il suono senza suono del silenzio interiore.”
Tutto ciò ci conduce al secondo sutra del Yogasutra di Patanjali che definisce lo yoga come metodo che mira al definitivo arresto del vorticoso flusso delle modificazioni della coscienza-Yogas-citta-vritti-nirodhah.
Quando comunemente si pensa al silenzio, si tende ad associarlo alla semplice interruzione del flusso di parole, al tacere, a quei momenti di pausa, di quiete che possiamo riuscire a conquistarci rispetto al frastuono che ci circonda. Tale situazione di raccoglimento interiore è senza dubbio positiva ma non può essere paragonata a ciò che nell’ambito dello yoga tradizionale s’intende quando si parla di silenzio interiore.
La realizzazione dello yoga sostiene Patanjali è possibile solo grazie al definitivo svuotamento mentale; grazie cioè a qualcosa di sconosciuto, qualcosa di cui non abbiamo precedente esperienza. Le pratiche possono portarci fino al punto più elevato della disciplina, sull’orlo del vuoto, ma oltre quel punto le parole non bastano più.