È di qualche settimana la notizia dell’errata attribuzione di tre opere al pittore olandese Vincent van Gogh, apparsa sul numero di ottobre del The Burlington Magazine, rivista mondiale dedicata alle belle arti e alle arti decorative.
L’articolo è il frutto di una nuova analisi scientifica eseguita da Teio Meedendorp, Louis van Tilborgh e Saskia van Oudheusden, trio di specialisti del Van Gogh Museum di Amsterdam, in Olanda.
Presenti in collezioni private e declassati a falsi d’autore dai tre esperti, i tre dipinti riesaminati, per oltre cinquant’anni, sono stati considerati autentici e, nel 1970, catalogati come tali da Jacob-Baart de la Faille.
Nel merito, il primo caso sottoposto a verifica è Interior of a restaurant, ritenuto per decenni una seconda versione del più famoso Interior of the Grand Bouillon-Restaurant le Chalet, Paris (1887), conservato in una collezione privata.
Niente di strano se consideriamo che Vincent, di frequente, realizzava diverse repliche dei propri lavori. Apparso intorno agli anni Cinquanta, Interior of a restaurant è sottoposto agli studiosi del museo per una nuova certificazione, che, ovviamente, non viene concessa.
Gli elementi che hanno contribuito a destare incertezza sull’autenticità sono stati:
– la pennellata “ampia, ruvida e abbozzata” che non assomiglia allo stile dell’originale;
– i colori non corrispondenti alla tavolozza di van Gogh del suo periodo parigino (in particolare, la presenza di un pigmento sintetico blu manganese brevettato nel 1935);
– i fiori raffigurati nelle due tele: in quella autografa i fiori rossi possono essere identificati come begonie autunnali, che presumibilmente ornano i tavoli del ristorante a novembre o all’inizio di dicembre del 1887, quando il dipinto viene completato. Nel secondo, invece, vengono riprodotti dei girasoli, pianta poco rappresentativa della fredda stagione intermedia.
Il secondo caso riguarda l’opera Head of a woman, dalla tenuta del controverso mercante d’arte Gerbrand Visser, morto nel 2007. Il dipinto era stato già autenticato dal Van Gogh Museum e pochi anni dopo, nel 2011, quotato in asta da Christie’s New York, venduto per circa un milione di dollari con il titolo di Head of a Peasant Woman with dark Cap. L’enigma è emerso quando ai ricercatori è stato chiesto di verificare un quadro simile raffigurante una contadina di Nuenen, presentato da un proprietario francese. Dopo l’indagine tecnica su tela, gesso e applicazione della vernice, è emerso chiaramente che la tavola di Christie’s era stata “eseguita da un copista che quasi certamente ha lavorato sull’originale e ha fatto del suo meglio per riprodurre il dipinto di van Gogh nel modo più accurato possibile”.
Il terzo caso concerne Wood Gatherer, a far sorgere dubbi sono stati alcuni elementi contenutistici, presenti nel quadro originale Wood Gatherers in the Snow (agosto-settembre, 1884) e assenti nell’acquerello in questione. Si tratta di sottrazioni talmente evidenti da far pensare che il contraffattore abbia realizzato la trasposizione partendo da una fotografia. A tradirne l’autenticità le omissioni di:
– un lungo bastone verticale usato dai contadini del Brabante per trasportare fasci di legna sulla schiena;
– il tetto della fattoria innevata sullo sfondo.
Dettagli che fanno la differenza e che rafforzano quanto affermato in vita dal celebre artista:
“Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non si vendono. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più dei colori usati nel quadro.”