È una data che si imprime indelebile nella memoria di chi l’ha vissuta, anche solo attraverso i racconti dei propri cari. Il 25 ottobre 1954, una furia di acqua e fango si abbatté su Salerno e i paesi circostanti, travolgendo vite, cancellando strade e lasciando dietro di sé un silenzio carico di dolore. Quella sera, Pietro, giovane sottufficiale salernitano, si trovava su una filovia diretta a Battipaglia, ignaro che quel viaggio ordinario si sarebbe trasformato in una corsa disperata per la vita.
Inizia così una testimonianza di coraggio e di sopravvivenza, il racconto di una figlia che riporta la storia di suo padre, uno dei pochi sopravvissuti di quel tragico giorno. Un frammento di memoria che ci riporta a un’Italia diversa, segnata dal sacrificio, e al potere della natura che, in un attimo, può stravolgere i destini.
Era il 25 ottobre del 1954. Mio padre, Pietro, salernitano d’origine, ma abitante a Olevano sul Tusciano, sottufficiale in servizio a Boves, in Piemonte, era a Nocera superiore, a casa della sua fidanzata, Venere, per la quale stava per lasciare per sempre la carriera militare e ciò aveva causato una tragedia a casa di mia nonna Immacolata, ostetrica condotta a Olevano sul Tusciano che già immaginava suo figlio vestire la divisa dell’esercito. Ma questa, è un’altra storia. Pensò Pietro di avviarsi per tempo verso casa. Non aveva mezzi e il viaggio era lungo.
Un brutto temporale incalzava e le notizie che giungevano non facevano presagire rasserenamenti. Avrebbe dovuto prendere la filovia che lo avrebbe portato a Battipaglia e da lì salire verso Olevano. Giungevano voci che a Molina di Vietri già c’era un fiume d’acqua. Ne cadeva a profusione. Quella che poi sarebbe diventata la mia nonna materna, Anna, lo aveva invitato a restare e non intraprendere il viaggio con quel tempo maledetto.
Ma Pietro doveva rientrare, chiarire cose con la mamma, magari parlarsi a cuore aperto – cosa impossibile – non fu mai fatto. E questa, è un’altra storia. Presa al volo la filovia, a Cava sembrava che il mezzo venisse trasportato dalla pioggia stessa, in un abbraccio liquido e potente allo stesso tempo, per quanto incontrollabile. Sul mezzo vi erano diverse persone abbastanza impaurite da un evento climatico di una portata eccezionale.
“Fu un attimo. Ci trovammo tutti addossati l’un l’altro. Nella curva della Molina scendeva acqua e fango che sembrava un mare di sabbie mobili. Ero stordito come se mi fossi addormentato e svegliato. E solo quando mi sono trovato fuori mi sono accorto che la filovia era appesa a un canalone. La signora col bambino, seduti davanti a me, non c’erano più. Io mi sono trascinato nel fango. Ero senza scarpe e molto stordito. Sentivo voci in lontananza, urla per lo più, ma le udivo ovattate. Forse avevo le orecchie piene d’acqua, ma non ricordo bene. Forse questa è la sensazione dello shock.” Tornò a casa senza scarpe e infangato come una mummia. Un po’ si ripulì all’antico abbeveratoio di Battipaglia, sotto il Castelluccio, prima di presentarsi a sua madre.
Il giorno dopo arrivò la notizia a Nocera, a casa della mia futura mamma, che c’era stata una terribile alluvione tra Salerno, Cava, Vietri e altri paesi costieri. E che una filovia era addirittura stata travolta e rimasta sospesa nel canalone, c’erano stati dei morti. A casa di Venere scoppiò la tragedia perché a quell’ora era la filovia che aveva preso Pietro e che a tutt’oggi non aveva più sentito.
Nel 1954 l’unico modo per due fidanzati distanti oltre 50km di sentirsi poteva essere il telefono pubblico di un bar ad esempio. Ma dovevi essere preciso sull’orario dell’appuntamento telefonico e puntuale, altrimenti dovevi lasciare l’apparecchio a qualcun altro. Venere e la sua famiglia erano nel panico per le sorti di Pietro. E così la ragazza, anch’essa 21enne, chiese ad un amico di famiglia che possedeva una splendida moto Guzzi, di portarla a Olevano perché ormai convinti dell’infausto destino di Pietro.
Questa storia s’interrompe qua perché lì poi accadde altro, ma non c’entra con l’alluvione di Salerno che ha puntellato la mia vita a fasi alterne. E come tutte le storie che si rispettano, il racconto periodico, in vari momenti, veniva infarcito e circonstanziato di particolari di cui non posso fare fact checking. Però, quel giorno, Pietro, mio padre, per qualche positiva circostanza o congiuntura astrale, forse miracolosamente, si salvò.