Yuleisy Cruz Lezcano ha da poco pubblicato il suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura“.
Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e ha ottenuto una seconda laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna.
Ha pubblicato numerosi libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi.
Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina, Spagna e con il giornale letterario del Premio Nabokov.
La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.
Il suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura” è un libro di raccolta poetica, pensata per dare voce alle donne vittime di violenza che è stato selezionato per presentarlo al Salone Internazionale del Libro di Torino edizione 2024, è stato presentato in Radio Pop Napoli, in Radio Nord Borealis, in Tele Granducato della Toscana, sarà ospite del programma televisivo Street Talk di Andrea Villani, dove ci sarà la presenza di Carlo Lucarelli, sarà presente al Festival del Borgo antico di Bisceglie e nonostante il libro sia uscito solo a febbraio sta avendo dei riscontri positivi tra lettori e critici letterari, sono uscite delle recensioni sul Corriere Romagna, sul giornale ‘La nuova Ferrara’, alcune stazioni radio e diversi blogs e il giornale letterario del Premio Nabokov.
Il libro sarà presentato all’Ambasciata cubana a Roma il 6 settembre alle ore 17.
Con questa intervista, che ospitiamo sulla nostra testata giornalistica, esploriamo il lavoro di Yuleisy da vari angoli per fornire una comprensione più profonda della sua scrittura e del tema trattato nel suo libro.
D- Yuleisy, Il tuo libro “Di un’altra voce sarà la paura” affronta un tema molto delicato. Cosa ti ha spinta a scrivere su questo argomento?
Il mio scopo è stato fondamentalmente quello di dare voce a donne che a causa della violenza avevano subìto un tale trauma da non essere neanche in grado di esprimere il proprio dolore.
L’ho scritto per prestare la mia voce poetica a queste donne, per dare voce a chi non ha potuto parlare, ma non solo anche per creare coscienza riguardo il fenomeno, per sensibilizzare le persone, approfittando della diffusione e delle presentazioni del libro per parlare di educazione all’affettività, per parlare delle mie idee per intervenire prevenendo il fenomeno prima che accada.
Il libro è anche uno strumento per me e vorrei pertanto presentarlo nelle scuole e in tanti altri luoghi. Abbiamo bisogno di raccontare storie come queste perché basta guardare i telegiornali per rendersi conto che c’è ancora un estremo bisogno di raccontare queste storie. È un libro che porta a riflettere sulla violenza, sul trauma da stupro, sull’affettività e sul non senso della violenza. Vorrei che questo libro faccia emergere riflessioni sul fenomeno e sui tempi che viviamo, sulle relazioni di potere, sul fatto di creare una rete di aiuto per prevenire il peggio ed evitare di ri-vittimizzare la donna, senza che questa debba spiegare continuamente a diverse persone quello che le è successo.
D- Qual è stato il processo creativo, hai seguito una particolare struttura o ti sei lasciata guidare dall’ispirazione?
Il processo creativo iniziale è sempre l’ispirazione e il lasciare fluire idee e muse, cercando di far nascere dal fango le creature, che nel mio caso sono parole accompagnate da altre parole. Ma poi c’è la forma, la costruzione. Le poesie sono state scritte in più tempi, dapprima scritte e poi pensate, riguardate, fatte decantare e ripensate.
L’idea di pubblicare questo libro è iniziata a farsi spazio tra i miei pensieri non molto tempo fa. Certo, inconsciamente volevo parlarne da tempo, visto che per 12 anni ho lavorato nel consultorio familiare a Bologna, e ho seguito, tra le tante cose, i colloqui per l’interruzione di gravidanza, secondo la legge 194 del 1978, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza. La necessità di garantire un accesso sicuro ai servizi, la necessità di ascolto, empatia e supporto per affrontare gli aspetti emotivi e logistici del processo, richiedono oltre che competenza, istruzione e apprendimento personali, dedizione e conoscenza degli strumenti psicologici per fornire risposte adeguate: ecco perché ho potuto usare nel libro tale bagaglio di conoscenze, insieme alla ricerca che avevo fatto in passato riguardo ai comportamenti derivanti dal trauma da stupro, prendendo come base di partenza lo studio pioneristico fatto nel 1974 dalle due studiose americane, Burgess e Holstrom, servito per ulteriori studi e per cercare strategie terapeutiche, psicologiche e relazionali per aiutare le donne vittime di violenza. Devo aggiungere che, durante i colloqui eseguiti, in ambito lavorativo, si è svegliata la mia curiosità per comprendere i traumi da stupro e le sue conseguenze a breve e lungo tempo e questo mi ha spinta ad approfondire l’argomento per potere offrire un aiuto concreto e qualificato.
Il libro è pensato con una struttura composta da 7 sezioni, suddividendo le poesie in base all’argomento trattato e il messaggio implicito, ogni sezione è introdotta da un aforisma che illustrando il mio pensiero, introduce la linea guida di quella sezione, in una sorta di percorso di senso. Nella prima parte esiste da subito il messaggio “la violenza non ha età”, perché si apre con la storia di una donna di 89 anni violentata e derubata alla periferia di Milano, poi segue la violenza psicologica, la violenza tra le mura domestiche, la violenza compiuta dal branco, la violenza che sopraffà e sfrutta le “fragilità”, la violenza sui minori, la violenza durante il periodo di pace e periodo di guerra, durante le migrazioni, la violenza incentivata dall’uso di sostanze, per poi finire con la ricerca di ritrovare i propri pezzi, di una cura dentro se stessi aiutandosi con la natura, con mani amiche, con la comprensione e con la ricerca delle proprie radici e dell’innocenza perduta. Ogni capitolo poi è introdotto da una fotografia della mia amica artista Adele Quaranta, che illustra con grande forza d’immagine la spietatezza dei violentatori e il dolore che nasce nella donna che è stata violentata.
D- In che modo la tua esperienza personale ha influenzato il libro?
Ciò che racconto tramite le mie poesie è ispirato a fatti di cronaca di cui ho avuto notizia dai media, ma anche a racconti che ho ascoltato nel consultorio familiare dove lavoravo, in cui giovani violentate dovevano prendere una decisione importantissima, decidere se tenere il frutto della violenza. Inoltre ho sofferto moltissimo quando un uomo che non era nemmeno mio padre, si ubriacava e picchiava mia madre davanti a me, poi la minacciava di uccidere me e mio fratello e per fare vedere che faceva sul serio tagliò la testa a tutti i miei pupazzi e al mio cane…Esperienze terribili che hanno segnato la mia infanzia. Poi visto l’empatia che ho costruito negli anni riguardo al fenomeno, la mia predisposizione all’ascolto senza giudicare, e la possibilità di avere consigli documentati, pratici dalla mia parte molte amiche in modo inatteso si sono confidate con me, così per dimostrare che la violenza può accadere a chiunque, in qualunque luogo, per sfatare il mito comune che bisogna avere certi comportamenti, essere vestite in un certo modo, frequentare vicoli bui o posti che predispongono alla violenza. La violenza poi è un fenomeno trasversale, accade in tutto il mondo. Adesso se ne sta parlando sempre di più, si sta cercando di ostacolare il fenomeno dal punto di vista normativo, ma c’è davvero tanto da fare per invertire la tendenza e azzerarlo.
D- Hai parlato del libro in diverse occasioni pubbliche e nei media. Come sono state ricevute queste presentazioni dal pubblico?
Il consenso è stato unanime, trasversale, sia da parte di donne, che ovviamente è logico, ma anche di uomini, che hanno capito il mio messaggio e si sono fatti carico di una sensibilizzazione che è il mio scopo primario. Poi la cosa che davvero mi ha colpito è che dopo le varie presentazioni i lettori spesso esprimevano nuove idee per contrastare il fenomeno, alcune di esse mi hanno arricchito. Gli incontri sono stati un momento formativo per me e per loro. Ho sempre messo in campo durante le presentazioni, oltre al libro le mie conoscenze, i miei anni di studio e le mie ricerche.
D- Ci puoi raccontare un episodio significativo o una reazione che ti ha colpito durante le presentazioni?
Sicuramente mi ha colpito la presa di coscienza degli ascoltatori uomini, ovviamente parlo di presentazioni in diretta radio o web in cui il pubblico aveva la possibilità di interagire e fare domande. Questo è essenzialmente lo scopo del libro e della mia attività di divulgazione, per cui sono molto soddisfatta. Addirittura, quando ho presentato il libro nel Centro Sociale Antonio Montanari di Bologna, dopo la presentazione molti del pubblico presente hanno avviato la proposta di investire in un corso di autodifesa. È incredibile come il mio libro sia stato capace di far nascere questa idea.
Un’altra cosa incredibile che mi è successa durante la prima presentazione a Bologna nella biblioteca Comunale Bjornson di Monterenzio è che sottovalutandomi io abbia scelto di portare con me solo una quindicina di copie del libro, dato che la biblioteca è piccola in un paese di provincia. Invece sono rimaste dieci persone in fila che volevano il libro e io non avevo abbastanza copie da vendere loro, ho dovuto prendere i loro nominativi per farle arrivare il libro in un secondo momento.
D- Quali messaggi speri di trasmettere attraverso la tua poesia, in particolare riguardo alla violenza di genere?
Abbiamo bisogno di raccontare storie come quelle del libro “Di un’altra voce sarà la paura” perché basta guardare i telegiornali per rendersi conto che c’è ancora un estremo bisogno di raccontare queste storie. È un libro che porta a riflettere sulla violenza, sul trauma di stupro, sull’affettività e sul non senso della violenza.
Una considerazione importante che potrei fare riguardo al fenomeno violenza, è che spesso qualcosa cambia quando la vittima denuncia la violenza, perché oltre a ricevere sostegno per evitare effetti a lungo termine, può essere aiutata nella rielaborazione di ciò che le è accaduto, e con l’aiuto di persone esperte può essere indirizzata nella ricostruzione dell’autostima persa a causa della violenza.
Il messaggio però che pongo a noi tutti è quello di non giudicare: bisogna ricordare che nel meccanismo della violenza intervengono elementi di dipendenza, che fanno autoconvincere la donna, soprattutto durante la violenza domestica, che colui che agisce nei suoi confronti con violenza è al tempo stesso l’unica fonte che può soddisfare il suo bisogno relazionale. Bisogna inoltre ricordare che nel momento in cui si è innescato il meccanismo della tolleranza della violenza, emergono anche strategie di adattamento utili a garantire la sopravvivenza all’interno del contesto violento e queste strategie viste da fuori possono presentare delle contraddizioni nel comportamento della donna, che vuole fuggire e poi torna, credendo spesso che cambiando il proprio comportamento possa cambiare anche il comportamento di un compagno o un familiare violento. Gli osservatori esterni prima di esprimere giudizi devono sapere che queste modalità che tutti noi mettiamo in atto come difesa psicologica quando siamo costretti ad affrontare un evento traumatico, fanno parte dei meccanismi di dipendenza e si manifestano spesso con la negazione, in cui la donna nega la gravità della situazione, minimizzando e normalizzando la violenza. I giudizi a questo punto non aiutano: per prevenire danni più gravi occorre ascolto, solidarietà e strumenti adatti di conoscenza e persuasione. Quindi curiamo il nostro linguaggio… educhiamoci prima di giudicare.
D- Il tuo libro è stato proposto al Premio Strega poesie 2024. Cosa rappresenta per te questo riconoscimento/traguardo?
Una incredibile emozione e soddisfazione, quella che la mia casa editrice mi ha dato proponendomi al Premio. Mi ha fatto capire che la mia opera poteva raggiungere veramente un grande pubblico e di dare così “voce” alle donne che ho voluto raccontare in questo libro. Confesso che trovare il mio libro “Di un’altra voce sarà la paura” iscritto al Premio Strega è stato per me un’enorme soddisfazione e conferma: ho letto e riletto il suo titolo tra i quelli proposti e io che scrivo perfino sui finestrini del treno non riuscivo più a scrivere, l’emozione è stata davvero forte. Poi pensare che ogni casa editrice poteva proporre un solo titolo, mi riempie ancora di più di emozione. Questo significa che una preselezione è stata fatta e come! Per tale motivo devo ringraziare la mia casa editrice Leonida edizioni per avere puntato sul mio libro ritenendolo il migliore tra tanti bravi autori che pubblica ogni anno.
D- La violenza di genere è un tema complesso e spesso tabù. Come hai cercato di affrontarlo e rappresentarlo nella tua scrittura?
La mia scelta è stata di proporre immagini molto crude, di grande impatto emotivo, come appunto è lo stupro, la violenza che una donna è costretta a subire. Spesso non si ha coscienza di quanto è diffuso il fenomeno, poiché la violenza non è solo fisica, ma spesso anche psicologica e questa arriva a minare la capacità di una donna di dire basta, di interrompere la spirale che spesso porta al femminicidio. Questo è un libro per lettori motivati e maturi e dalla capacità di elaborare i versi con autocritica ed empatia.
In generale la mia poesia è la mia visione della realtà e il suo scopo è di dare voce alle mie sensazioni, alla mia anima…
D- Quali sono le reazioni che hai ricevuto da parte di donne che hanno vissuto esperienze di violenza? Come hanno risposto alle tue parole?
Devo dire la verità. Ho avuto complimenti e feedback positivi sia da donne che da uomini. Ma tra le donne non è stato possibile riconoscere se derivava anche da una propria esperienza personale. Ho notato grande ritrosia ad ammettere di riconoscersi nelle storie che ho narrato e invece so da quanto ho vissuto che una donna su tre è oggetto di qualche forma di violenza nella propria vita. C’è la tendenza a pensare che ciò di cui parlo riguardi altre persone, altre donne, mai sé stesse o i propri familiari.
D- La tua raccolta è stata pubblicata da poco, ma ha già ottenuto riscontri positivi. Qual è il tuo rapporto con la critica e come gestisci le recensioni, sia positive che negative?
Sono una occasione di crescita e ne faccio tesoro per migliorare le mie qualità di scrittrice.
D- La presentazione all’Ambasciata cubana a Roma è un’importante opportunità. Cosa speri di condividere in quell’occasione? E a Cuba?
È una vetrina di grande prestigio per me e colgo l’occasione nuovamente di ringraziare di questa opportunità l’ambasciatrice cubana a Roma, la dott.ssa Mirta Granda Averhoff e poi ringrazio il giornalista Fabio Sebastiani che mi presenterà e il critico d’arte Cinzia Baldazzi che interverrà con preziose osservazioni e osservazioni qualificate. Aggiungo poi che essere in un contesto dove si respira un po’ di aria della mia Cuba è un po’ il coronamento di un sogno, quello di essere valorizzata anche dalle autorità del mio paese di origine, che io amo profondamente. Il messaggio del mio libro è assolutamente universale e tocca tutti i paesi del mondo, nessuno escluso, poichè il fenomeno violenza è purtroppo trasversale.
D- Hai in programma di scrivere altri libri su temi simili o diversificati in futuro?
Al momento sto pensando di fare un libro di narrativa con un taglio autobiografico, credo di avere tanto da raccontare, ma non vi anticipo nulla.
D- Cosa intendi per “voce” nella tua poesia e come pensi che possa guidare altri nei momenti di difficoltà?
“Voce” è la possibilità di aprire il proprio animo, la propria capacità di aumentare l’empatia nei confronti di chi ha subìto la violenza che intacca molto spesso la propria femminilità, rendendo poi impossibile avere un nuovo rapporto affettivo con l’altro sesso. Il mio libro e in generale la mia poesia è un piccolo tributo a chi voce non la ha mai avuto, per scelta o per imposizione di un mondo dove è diffusissima la violenza mediatica. Purtroppo questa ultima rappresenta un nuovo scenario, nel quale seppure si rappresenta una violenza di tipo simbolico, che utilizza supporti mediatici non provoca pochi danni. Se pensiamo alla pubblicazione o la diffusione di messaggi, immagini e opinioni stereotipate, che usano mezzi di comunicazione collettivi per riprodurre la dominazione, la mancanza di uguaglianza, la discriminazione nelle relazioni sociali, normalizzando la subordinazione delle donne nella società, comprendiamo quanto questo fenomeno possa essere diffuso e diffondibile, attraverso il cattivo uso dei mezzi di comunicazione.
Il mio libro è il mio contributo ad una inversione di tendenza, ma soprattutto a guidare tutti quelli che ne hanno la sensibilità verso il rispetto che tutte le donne meritano.
D- Per concludere, quale consiglio daresti a chi desidera esplorare la scrittura come forma di reazione a esperienze di vita difficili o traumatiche?
Sicuramente quello di dare ascolto alla propria anima poiché con la scrittura si ottiene lo scopo fondamentale di superare il dolore ed esorcizzare ciò che si è spesso costretti a subire. Permette di acquisire la forza di andare avanti, di comunicare le proprie sensazioni e di darne quindi “voce”.