Domenica mattina presto. Prendo il libriccino dallo scaffale della mia libreria, sfoglio le pagine ingiallite e annuso quel tipico profumo di carta che racchiude in sé il trascorrere del tempo.
L’edizione è del 1995, curata da Ettore Barelli e Bruno Segre, pubblicata dalla Opportunity Books, collana La Biblioteca Ideale Tascabile, che rientra a pieno titolo nella mia collezione di testi vintage.
Composte tra il 62 e il 65 d. C., le missive (in questo opuscolo ne sono riportate alcune) rappresentano i nobili consigli che Seneca propone a Lucilio – e a noi suoi lettori – non quale “sistema filosofico cui conformare la propria vita”, bensì come “itinerario, di cui ogni lettera è una tappa, verso la virtù e la vera libertà interiore, proponendosi più come compagno di viaggio che come maestro”.
Considerazioni di principio che riguardano essenzialmente l’esaltazione dell’onestà, la sopportazione serena delle avversità, l’indifferenza dinanzi alla morte, l’indulgenza verso i propri simili. Più semplicemente, l’arte del saper vivere e il valore del tempo.
Sorrido mentre ripasso i miei marginalia – che corredano i vari fogli – e le sottolineature delle citazioni che solleticano le riflessioni e i dubbi dell’inconsapevole filosofa nascosta dentro di me.
Tra i passi evidenziati nel volumetto, ho scelto di trascrivere quelli che seguono:
[…] la saggezza? È il non compiacersi delle vanità […] Raggiunge il culmine della sapienza chi sa di che cosa deve gioire e non pone la propria felicità in potere altrui.
[…] che non ti manchi mai la gioia, anzi che ti nasca in casa; e nascerà, purché essa sia dentro te stesso. Le altre forme di contentezza non riempiono il cuore, sono esteriori e vane. […] È lo spirito che dev’essere allegro ed ergersi pieno di fiducia al di sopra di ogni evento. Credimi, la vera gioia è austera.
È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi.
[…] Chiedi perché tu non trovi sollievo nella fuga? Perché tu fuggi sempre in compagnia di te stesso. Nessun luogo ti piacerà finché non avrai abbandonato il peso che hai nell’animo.
[…] L’unico bene, la condizione fondamentale per una vita felice, è la fiducia in sé stessi.
[…] Il bene? È la conoscenza della realtà. E il male? L’ignoranza.
[…] Occorre cercare qualcosa che non si deteriori con tempo, e a cui niente possa fare ostacolo. Qual è questo bene? È l’animo.
Bisogna dominare le passioni. […] Ogni passione che oltrepassa i limiti stabiliti dalla natura diventa fatalmente smisurata e incontrollabile.
[…] È l’animo che ci rende nobili: da qualunque condizione sociale esso può sollevarsi al di sopra della fortuna.
Ti lamenti che lì a Siracusa ci siano pochi libri. Non importa la quantità, ma la loro qualità: un preciso programma di lettura reca giovamento, la varietà diletto. Chi vuol giungere alla meta, segua una sola via, e non divaghi: così si va errando, non si progredisce.
[…] Come l’adulazione somiglia all’amicizia! Non solo la imita, ma la supera e la lascia indietro: accolta con tutto il fervore, scende nel più profondo dell’animo ed è gradita perché reca danno. Insegnami a distinguere due cose diverse pur nella loro somiglianza.
[…] Ascolta ciò che mi è piaciuto nella tua lettera. Hai il pieno possesso della parola e non ti lasci trascinare dal discorso oltre il tema stabilito. Ci sono molti che dall’eleganza di qualche bel termine sono spinti a scrivere quello che non si erano proposti, mentre ciò non è accaduto a te. Il tuo linguaggio è conciso e appropriato; tu esprimi chiaramente il tuo pensiero e fai capire più di quanto le tue parole non dicano. Tutto ciò è indizio di merito ancora maggiore: si vede bene che anche il tuo animo non conosce né le ridondanze della vanità né i gonfiori della superbia.
[…] “La verità ha un linguaggio semplice” e non bisogna complicarlo.
[…] La libertà? È l’indipendenza da ogni cosa, da qualunque circostanza esterna, da qualunque necessità.
La vita è breve: evitiamo, dunque, programmi troppo estesi.
[…] È importante vivere bene, non vivere a lungo.
Bisogna cacciar via le passioni. […] Ogni passione è debole al suo nascere; poi, col suo progredire, acquista ardire e forza. Impedirle l’ingresso costa meno che buttarla fuori.
[…] Un indizio sicuro di un animo viziato è quell’ondeggiare ed agitarsi continuamente fra la simulazione della virtù e l’amore dei vizi. Un uomo non mai uguale e neppure simile a sé stesso, sempre pieno di contraddizioni. Gli uomini sono quasi tutti così. Non ce n’è uno che non muti ogni giorno propositi e desideri […] Così si manifesta anzitutto uno sciocco: sempre diverso nei suoi atteggiamenti e, quel che è peggio, sempre incoerente. Credimi, è una gran cosa rappresentare sempre la stessa parte; ma è solo il sapiente a rimanere sempre sé stesso; tutti gli altri, tutti quanti siamo, cambiamo continuamente parte: ora ti appariremo frugali e severi, ora prodighi e vacui; da un momento all’altro mutiamo maschera e ce ne mettiamo una opposta a quella che ci siamo tolta. Prendi, dunque, l’impegno di mantenerti fino all’ultimo quale ti sei presentato da principio. Fa’ che gli altri ti possano lodare o, almeno, riconoscere. Di qualcuno che hai visto appena ieri, avresti ragione di chiederti: «Ma chi è costui?», tale è stato il suo mutamento. Addio.
Mi è piaciuto “rispolverare” questi suggerimenti a distanza di anni, rileggerli con più calma per cogliere ulteriori significati e intrecci rapportati ad un quotidiano di donna adulta e non più di adolescente ribelle. Ci si scopre comunque diversi, ma l’insegnamento resta il medesimo, ossia quello di andare “oltre le apparenze” per indagare nel profondo delle cose e dell’animo umano.
Del resto, non è forse l’amore per la sapienza (intesa come conoscenza) la giusta chiave per concepire il senso della vita?