“Bonadies”, che significa “buongiorno”, è il nome del colle su cui sorge il Castello degli Arechi.
Questo luogo prende il suo nome perché, all’alba, il sole che sorge a est illumina il colle, la parte più alta della città. Il castello, di origine medievale, si trova a circa 300 metri sul livello del mare e domina sia la città che il golfo di Salerno. Il suo nome deriva dal principe Arechi II, duca longobardo vissuto alla fine dell’800, che lo fece costruire e utilizzare come fortezza difensiva. Per questa ragione, il castello è ricco di passaggi segreti che lo collegano alle antiche torri d’avvistamento. Tuttavia, in principio fu realizzato dai bizantini, probabilmente ampliando un antico castrum romano.
Come in molti castelli, anche qui si narrano leggende e storie legate ai fantasmi. Una tragedia di Ugo Foscolo, “La Ricciarda”, è ambientata nel Castello di Arechi; l’autore ne fu ispirato durante una breve visita a Salerno nel 1812. Il castello offre la possibilità di godere di una vista indimenticabile del golfo di Salerno da uno dei punti più alti della città. Il belvedere, sia sotto che sulle terrazze del castello, è meraviglioso, e tutto il porto di Salerno si staglia sotto i tuoi piedi e i tuoi occhi (per fortuna, c’è l’ascensore!).
Rosanna Botta discende da una famiglia salernitana che, alla fine dell’800, si è stabilita a Salerno provenendo da Montella. La intervistiamo perché ha una storia da raccontarci sul castello.
D- Quali sono le principali peculiarità e attrazioni di Salerno che ti fanno sentire fiera di essere salernitana?
Mi piace la ‘genuinità’ dei salernitani, che purtroppo col passare degli anni si è trasformata in negligenza e pigrizia. In passato, in un palazzo ci si conosceva tutti, si tenevano le porte aperte e ci si scambiava il cibo, che aveva un profumo indimenticabile!
D- Qual è il legame tra la tua famiglia e il Castello di Salerno? Quali sono i ricordi più significativi e il successo imprenditoriale di tuo fratello?
La mia famiglia ha vissuto nel Castello Arechi; mia madre nacque nel 1934, nella sala dei forni, così come i suoi fratelli. Insieme a loro vivevano altre famiglie, tra cui boscaioli, contadini e allevatori di bestiame, come la mia famiglia. La mia famiglia materna porta il cognome Granata e cominciò a distribuire latte nelle case, fondando la prima società del latte salernitano, che in seguito è diventata la Centrale del Latte.
Mio nonno, nei pomeriggi d’inverno, ci raccontava storie sui fantasmi del castello, in particolare di una donna ben vestita, una castellana che girava di notte lungo le mura e cantava.
Dopo la ristrutturazione del castello, mia madre volle andarlo a vedere, ma ne rimase delusa perché avevano cambiato molte cose.
Il mio bisnonno ci portava, me e mio fratello, al castello su un mulo, percorrendo le varie mulattiere che si arrampicavano lungo la collina.
Vivere al castello insieme ad altre persone ha stimolato in noi lo spirito imprenditoriale che ha garantito il successo ad una famosa azienda dolciaria salernitana.
D- Hai dei consigli per migliorare Salerno?
Bisognava intervenire negli anni ’60, quando il boom economico ha determinato la speculazione edilizia. Una città di mare deve sentire l’odore del mare in tutti i quartieri. Ricordo il lungomare con aiuole fiorite…profumo di fiori, erba e salsedine! Oggi dobbiamo salvare il salvabile, dando spazio e spazi agli anziani, ai bambini e soprattutto ai giovani, e avere cura della nostra città. C’è troppa sporcizia in giro!