Oggi la pianificazione fiscale è di estrema importanza per le aziende e non interessa solo le multinazionali o le grandi società , ma soprattutto quelle attività operanti in settori dove i margini di guadagno sono ridotti all’osso.
Un imprenditore, un professionista o piĂą semplicemente una partita Iva dovranno conoscere gli strumenti fiscalmente convenienti che lo Stato mette loro a disposizione.
Per pianificazione fiscale s’intende l’insieme di strumenti che permettono ai titolari di partita Iva di ottimizzare i propri costi.
Diversa cosa è l’evasione o l’elusione. Queste pratiche vanno assolutamente condannate, perché violano la legge, la concorrenza e il libero mercato!
Gli strumenti fiscalmente convenienti oggi sono diversi e fra questi l’ultimo arrivato è sicuramente il Superbonus per le assunzioni al 120%.
Oggi però ci occuperemo del buono pasto!
Per una S.R.L. (società a responsabilità limitata) con dipendenti i buoni pasto convengono perché, qualunque sia il settore di appartenenza di tale società , i relativi costi di acquisto rientrano nella sezione dei “costi per servizi” del Conto economico, all’interno del Bilancio d’Esercizio.
Il buono pasto, infatti, segue l’articolo 51 comma 2 lettera c) del Tuir: non concorre a formare il reddito di lavoro imponibile in capo al dipendente fino all’importo complessivo giornaliero di 8 euro (ticket digitale) o di 4 euro (ticket cartaceo).
Per le partite Iva i buoni pasto sono deducibili al 100%. Questo vuol dire che si sottraggono ai costi inerenti l’attività d’impresa, in modo da ridurre l’utile e con esso la sua tassazione!
A fine 2023 sono 3,5 milioni i lavoratori che hanno utilizzato il buono pasto per la loro pausa pranzo, di cui il 20% nel pubblico impiego e per la restante parte lavoratori del settore privato, in particolare nell’industria: il 53% lavora al Nord, poi il Sud con il 26% e infine il Centro con il 21%.
Per i dipendenti i buoni pasto rappresentano dei veri e propri benefit che, migliorando il loro grado di soddisfazione, aumentano la produttivitĂ aziendale. Inoltre, le aziende che li erogano risultano essere anche piĂą attrattive nella ricerca di nuovo personale.
La maggior parte dei buoni pasto oggi in commercio possono essere spesi in una marea di esercizi commerciali convenzionati: ben 170mila!
Si tratta di uno strumento molto versatile visto che chi li utilizza dichiara di usare il buono pasto per fare la spesa al supermercato, ma anche nei negozi di generi alimentari, al bar o tavola calda, ristoranti e osterie.
Questi ticket, secondo la normativa generale, possono essere erogati liberamente a tutti i dipendenti oppure a categorie omogenee di dipendenti, senza nessuna distinzione tra chi ha un contratto in part-time o full-time.
Anche i tirocinanti, gli apprendisti e gli stagisti possono usufruire dei buoni pasto ed avere la stessa convenienza degli altri colleghi: l’esenzione dalla tassazione Irpef!
I buoni pasto hanno una scadenza solitamente annuale (soggetta però a proroga) e per ogni transazione possono essere cumulati e utilizzati fino a 8 ticket. Quindi nessun problema a non consumarli giornalmente!
Per le partite Iva senza dipendenti non c’è un divieto nell’acquisto di tale strumento.
Se parliamo dei forfettari, chiaramente la convenienza fiscale è pari a zero: questi soggetti non hanno nessun costo deducibile oltre ai contributi previdenziali Inps.
Ma per tutti gli altri soggetti in regime Irpef (semplificato oppure ordinario) la convenienza nell’utilizzo dei buoni pasto c’è ed è importante: vale il 75%!
La deducibilità è sì ridotta al 75%, con un limite del 2% sui compensi ricevuti, ma rimane comunque rilevante.
Per fare un esempio pratico: su 50.000 euro di compensi ricevuti il 2% è pari ad euro 1.000; fino ad euro 1.000 di buoni pasto si possono dedurre dal reddito ben 750 euro!
A proposito d’imprenditori, l’azienda può concedere i buoni pasto anche all’Amministratore se il suo compenso è assimilato a quello da lavoro dipendente, cioè deriva da un contratto di collaborazione ed è certificato da un normale cedolino.
Anche in questo caso l’Amministratore non verserà Irpef per i ticket ricevuti e l’azienda potrà sempre usufruire della deduzione totale sul costo d’acquisto.
Nota dolente! Solitamente il costo per un menù pranzo si aggira intorno ai 15/16 euro. Oggi, quindi, è necessario l’utilizzo di ben due ticket per una pausa pranzo! Sarebbe auspicabile, quindi, alzare la soglia di esenzione per andare incontro alle esigenze di imprese e lavoratori. Bene ha fatto la senatrice Paola Mancini (Fdi) a proporre un Ddl, affiancandosi al Decreto 1° maggio e collegato Lavoro, che prevedeva l’innalzamento della soglia di esenzione da 8 a 10 euro.
Non è molto, ma sicuramente un buon inizio! Ad oggi, però, nulla ancora è cambiato.
Ma adesso, tutti a tavola… con i buoni pasto!