Ci risiamo.
E’ di ieri la notizia di un ennesimo scempio avvenuto agli scavi di Pompei: un turista del Kazakistan è stato scoperto dal personale della vigilanza e accoglienza del sito archeologico mentre stava incidendo le lettere “Ali” su un intonaco chiaro nella casa dei Ceii. Il turista, fermato, dovrĂ rispondere alle accuse di dano arrecato al patrimonio. Eppure questo episodio non è che l’ultimo di una lunga serie di scempi perpetrati nei confronti di un patrimonio unico mondiale. Nessun sito archeologico campano facente parte dell’assegnazione UNESCO si è salvato da vandalizzazioni di questo tipo.
Uno degli eventi piĂą eclatanti avvenne nel 2001: un pregiudicato decise di incidere con un punteruolo un cuore sul famoso affresco della domus della Venere della Conchiglia, al cui interno scrisse l’iniziale del suo nome e quello della sua amata. Nel 2014 una ragazza portoghese scrisse sulla parete affrescata del Macellum «Portugal». L’anno successivo, un 14enne belga sfregiò le Terme Stabiane con una pietra appuntita per scrivere il proprio nome. Ancora, in seguito ad una scommessa, un giovane americano staccava con i piedi un tassello del mosaico della domus della «Fontana Piccola». Recentemente un turista è stato fotografato mentre si lavava i piedi all’interno di una fontana storica di 2000 anni fa. Altri sfregi agli affreschi sono avvenuti nelle domus della vicina Ercolano ed ancora a Pompei.
Analizzando questi episodi, sebbene sia legittima l’indignazione legata all’inciviltĂ di tali azioni, può risultare utile interrogarsi sulle motivazioni ideologiche che spingono a commettere tali gesti. Soffermarsi sulle prime risposte delle persone fermate dalla polizia può dare delle risposte in tal senso. «E’ stato uno scherzo», «non volevo rovinarlo» o «volevo fare un gesto indelebile per la donna che amo» sono tra le spiegazioni piĂą ricorrenti, eppure sorge spontaneo chiedersi come delle giustificazioni così futili possano portare ad azioni così deplorevoli.
Fattori psicologici e culturali dietro il vandalismo nei siti archeologici
Approfondendo le discolpe dei soggetti, emerge come alla base di tali gesti vi siano molteplici e complessi motivazioni culturali e psicologici. Pompei, identificandosi come un sito archeologico unico ed ineguagliabile al mondo, viene visto come un posto imperituro: incidere il proprio nome, o un messaggio, su un sito storico risponde ad un desiderio di immortalità che nasce dalla volontà di lasciare un segno del proprio passaggio, una sorta di testimonianza di sé stessi.
Un fattore importante è la cultura del turismo di massa, che contribuisce inesorabilmente ad una mentalitĂ di “consumo” del luogo visitato: la mancata comprensione del valore storico e culturale del luogo dĂ vita ad un’ ignoranza storica e culturale che vede in questi patrimoni una mera attrazione da sfruttare per il proprio divertimento personale, senza considerare le conseguenze delle proprie azioni.
Ogni comportamento vandalico comporta un inevitabile restauro che non sempre riesce ad essere effettuato in poco tempo. Ne consegue che tali gesti rimangono visibili per piĂą tempo e a piĂą persone: ciò può dar vita a quel fenomeno che prende il nome di “comportamento gregario“, dove le persone sono piĂą inclini a seguire l’esempio di altri, sentendosi autorizzati a fare lo stesso.
Non di rado gli atti vandalici sono diffusi anche tramite social, andando così a normalizzare o glorificare il vandalismo. L’influenza dei social network può condizionare il turista: osservando le storie di personaggi che non pongono l’attenzione sulla negativitĂ del gesto ma solamente sul fatto in sè, può portare lo stesso ad emulare la creazione di un graffito. La conseguenza di questa forma mentis è la ricerca di attenzione: il desiderio di attirare l’attenzione o di sentirsi speciali può dar vita all’idea che lasciare un’incisione in un luogo famoso può dare un senso di notorietĂ , sebbene effimero e negativo.
Un ulteriore elemento che può spiegare un atto vandalico è la volontĂ di esprimere un sentimento di ribellione: per alcuni, il vandalismo può rappresentare un atto di ribellione contro le autoritĂ o contro la societĂ in generale, esprimendo in tal modo insoddisfazione o per sentirsi potenti. Infine, un altro fattore è la mancanza di sorveglianza o conseguenze: a percezione che le probabilitĂ di essere scoperti e puniti sono basse può incentivare comportamenti vandalici. L’assenza di una sorveglianza adeguata e di sanzioni efficaci può alimentare questa sensazione di impunitĂ .
Un fenomeno risolvibile: possibili soluzioni
Lo sdegno di questi atti ha raggiunto politici, ricercatori, psicologi.
Migliorare la situazione delle iscrizioni selvagge a Pompei è l’obbiettivo di tutti gli enti preposti e contingenti al parco. L’inasprimento delle pene, come dichiarato dal ministro della cultura Sangiuliano, non può essere l’unica soluzione. La diminuzione di questi eventi non può che essere il risultato di un approccio multifacetato che unisca educazione, sensibilizzazione, sorveglianza e misure punitive.
L’investimento in programmi educativi all’interno delle scuole rivolte alla riscoperta del valore inestimabile del nostro patrimonio culturale e storico di siti come Pompei propenderĂ verso un’ inevitabile innalzamento del valore civico dell’individuo ed un rafforzamento del senso d’appartenenza.
L’impiego di campagne di sensibilizzazione rivolte ai turisti, mediante poster, volantini, video e social media può sicuramente aiutare a diffondere messaggi di rispetto e maggiore consapevolezza nei confronti dei siti storici.
Elemento non secondario è l’incremento della sorveglianza e della sicurezza del sito archeologico. Molti atti vandalici sono stati prontamente fermati dai tecnici dell’ente Ales, societĂ Â in house del Ministero della Cultura impegnata in attivitĂ di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Soventi sono le lamentele dei tecnici in merito alla presenza di troppi punti cechi a Pompei, che rende impossibile avere una visione totale della folla di turisti presenti. L’installazione di piĂą telecamere di sicurezza, l’utilizzo di barriere fisiche o l’impego di sensori di movimento nelle aree piĂą vulnerabili aiuterebbe a dissuadere i malintenzionati.
Attuare queste strategie in modo coordiato e continuo, insieme ad una maggiore consapevolezza dell’universalitĂ di Pompei e della sua unicitĂ può far sperare di ridurre significativamente il vandalismo preservando, in tal modo, questi patrimoni per le future generazioni.