Nella giornata di ieri è stato notificato a Filippo Turetta l’avviso di conclusione delle indagini relative al confessato omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Emergono particolari agghiaccianti che hanno definitivamente convinto i magistrati interessati a questa fase procedurale della premeditazione da parte dell’omicida.
Quattro giorni prima dell’assassinio Turetta aveva effettuato delle ricerche su internet, poi addirittura trasferite in un file del suo computer, con le voci “nastro isolante, manette, cordame, badile, sacchi neri”, la maggior parte dei quali effettivamente ritrovati nell’autovettura del Turetta. E’ altresì venuto fuori che lo studente padovano aveva impiantato, all’insaputa della vittima, un app-spia sul suo cellulare, al fine di controllarne gli spostamenti, le telefonate, i messaggi e tutte le attività che la ragazza compiva con lo smartphone.
Sono ben 75 le coltellate inferte da Turetta alla povera Giulia, di cui circa 20 finite sulle mani e sulle braccia della vittima mentre cercava di difendersi, mentre numerose sono anche quelle che hanno colpito il volto della ragazza. All’assassino viene contestata una crudeltà “chiaramente eccedente l’intento omicida”. Con l’aggravante della premeditazione, al Turetta è impedito di accedere al rito abbreviato ed all’applicazione della pena su richiesta della parte (informalmente “patteggiamento”), due istituti che avrebbero assicurato una riduzione della pena ma che sono inibiti agli accusati di omicidio ai quali viene contestata la predetta aggravante.
Difficile immaginare un esito diverso dall’ergastolo al processo, che probabilmente avrà inizio il prossimo autunno. Il caso ha tenuto con il fiato sospeso tanti italiani nel novembre scorso per giorni, all’inizio interessati e preoccupati per la scomparsa di quelli che apparivano come “due bravi ragazzi” ma che a distanza di alcuni giorni sono risultati l’una come vittima martire e l’altro come carnefice crudele.