10 maggio 1924. Nasceva cento anni fa, in quel di Catania, la scrittrice Goliarda Sapienza, Iuzza per gli amici intimi e i familiari.
Cresciuta in un clima di immensa libertà , Goliarda diviene prima attrice per il teatro e per il cinema, solo dopo scrittrice. Un percorso letterario, travagliato e doloroso, che restituisce, a distanza di un secolo, l’insegnamento sull’importanza di essere autentici e di rimanere fedeli a sé stessi, qualunque cosa accada.
Nel giorno del suo genetliaco, il mio consiglio di lettura sono le sue poesie, racchiuse nel volumetto dal titolo Ancestrale, edito dalla casa editrice La Vita Felice, in una prima edizione nell’aprile del 2013, in una seconda nel marzo del 2014. Il libro contiene anche una sezione di poesia in dialetto – non tradotta in italiano -, Siciliane, pubblicata a parte nel 2012 da Il Girasole Edizioni.
La prefazione è di Angelo Pellegrino, la postfazione di Anna Toscano.
Lasciata all’oblio del tempo in un cassetto, questa raccolta rappresenta “l’atto di nascita dell’esistenza letteraria” dell’autrice. Secondo quanto raccontato nella introduzione al testo, solo alla morte della madre, nel 1953, Goliarda cominciò a scrivere versi, quasi che solo nella poesia “trovasse le parole per dire il suo immenso dolore, per raccontare l’amore, il rimpianto, la rabbia, la dolcezza, il calore, il buio e la luce che la madre rappresentava nella sua vita”.
Quando tornerò
sarĂ notte fonda
Quando tornerò
saranno mute le cose
Nessuno m’aspetterĂ
in quel letto di terra
Nessuno m’accoglierĂ
in quel silenzio di terra
Versi profondi e intimi, in cui è evidente l’urgenza di riappropriarsi delle proprie radici e di ricostruire le trame della sua memoria attraverso i suoi ricordi, della sua fragilità . Versi brevi, senza retorica, gemme preziose da ammirare nella loro lucentezza, senza essere incastonate. Parole nude, essenziali, appassionate.
M’uccidi ma il mio viso
ti resterĂ invetrato
nello sguardo.
Tagliente. Nelle notti
lacrimeranno le palpebre
inchiodate.
La forza di tali poesie, in effetti, risiede nel fatto che “l’espressione accoglie il sentimento e su di esso si plasma”. Lo stile non prende mai il sopravvento, in nessun modo, proprio perché scarno, senza fronzoli. Come indicato nelle conclusioni, “le sue poesie sono spesso delle istantanee, polaroid sulla vita”.
Sulla sua lapide, nel cimitero di Gaeta, la poesia che rappresenta il suo testamento letterario ed emotivo, il suo io piĂą lirico:
Non sapevo che il buio
non è nero
che il giorno
non è bianco
che la luce
acceca
e il fermarsi è correre
ancora
di piĂą.
“Donna cortese, indaffarata, buffa, discreta, sempre presa dalla scrittura, col suo studio ambulante che portava con sé in una borsa di lana”, oggi Goliarda è riconosciuta tra le maggiori autrici letterarie italiane del Novecento.