Antonio Evaristo, nato a Salerno nel 1965, è laureato in Giurisprudenza. Antonio è sempre sorridente ma schivo, attento al contesto culturale che la città offre. Attualmente lavora come insegnante privato online.
“L’altro uomo. Il peso delle parole” è la sua prima pubblicazione, è una storia intensa, con una trama forte e, al tempo stesso sarcastica, ironica, ben definita, dove tutto è messo sotto la lente di ingrandimento, beffardo è l’autore, che gioca sapientemente con lo snodarsi del racconto, ci dona colpi di scena, sorprese, mette in ridicolo, ed è pure romantico! Una lettura scorrevole, che accompagna il lettore fino alla fine.
Il ‘bruno Van Dyck ‘è un colore bruno molto scuro tendente al nerastro; è un pigmento inorganico. Il colore prende il nome dal pittore Antoon van Dyck, che ne fece largo uso nei suoi quadri. Il colore Bruno Van Dyck ha un ruolo molto importante nel libro, poiché rappresenta una sorta di trigger per Bastiano, che lo porta a fare i conti con le proprie paure e i propri traumi. Il colore ha un effetto ipnotico su di lui, risvegliando ricordi sepolti e mettendo in luce la complessità della sua psiche.
Trama
“Bastiano è uno studente modello, un ragazzo per cui il 100 e lode sembra scontato. Ma il giorno dell’esame di Stato la sua vita comincia ad andare in pezzi. Tutto sembra ruotare attorno al colore Bruno Van Dyck, ma la realtà del suo disagio è molto più intricata: come mai quel colore ha così effetto sulla sua mente? Cosa sono i momenti di vuoto che vive? In un lungo e tortuoso percorso di crescita, lotta e ricerca della verità, Bastiano scopre che la sua storia è costellata di misteri, alcuni dei quali, una volta svelati, dischiuderanno un dolore immenso. Nel viaggio alla scoperta del suo passato, Bastiano si innamora di Greta, ma impara anche che l’amore porta con sé enormi pericoli…”
Nella seguente intervista, scopriremo le origini della sua passione per la scrittura, gli interessi e le passioni che lo hanno spinto a trovare la sua prima espressione letteraria.
D- Qual è stata l’ispirazione dietro il tuo libro “L’altro uomo il peso delle parole”? Il tema della ricerca della verità e della crescita interiore… tu dici la verità ? Hai avuto esperienze personali che ti hanno ispirato a scrivere questa storia?
– La scintilla creativa si è accesa nelle stradine nascoste del mio inconscio. Ricordo benissimo, era di sera, stavo davanti al pc, immobile. Improvvisamente, mi balzò in testa l’immagine di un ragazzo davanti a una Commissione esaminatrice al suo esame di Stato. E, giuro, pensai a Hitler. – Fortunatamente, a me è andata decisamente meglio di Bastiano, il protagonista del romanzo. E non mi riferisco all’adozione, ma a uno sconosciuto che, chissà perché, ti vuole morto. E che ti costringe a correre, correre, correre. E che, durante la corsa, cominci a mettere insieme i pezzi di un passato sconosciuto, che fa male, molto male. No, non ho mai avuto problemi del genere.
D- Bastiano, come tutti i bambini prodigio, è molto attratto dalla matematica, dagli scacchi, gioco con il quale il padre si intrattiene con un amico d’infanzia e collega ogni sabato sera, dalla pittura, attrazione anch’essa attribuibile al padre, che è un amatore di dipinti antichi, dei quali colleziona stampe, dalla musica, ma soprattutto dalla letteratura. Quanto c’è di autobiografico?
– Bastiano è asociale, diverso dagli altri coetanei, che lo odiano profondamente…bullismo il tuo pensiero a riguardo?
– A scuola andavo, sì, bene, ma, come dire, non ero un marziano. La Matematica l’ho studiata per puro opportunismo. La musica mi è piaciuta sin dall’infanzia. Il primo cantante a cui mi sono affezionato è stato Adriano Celentano: imparai a memoria la canzone Azzurro. Di pittura sono stato sempre avviluppato: mio padre era un pittore professionista. Di quadri ne ho visti un bel po’. La Letteratura costituisce il mio rimpianto. In quanto, sebbene, alle scuole medie mi fu consigliato, proprio dalla professoressa di Italiano, di iscrivermi al Liceo classico, optai, invece, per un istituto tecnico amministrativo. Del gioco degli Scacchi, a oggi, ignoro le regole. Per cui, per quanto riguarda me, si tratta di normali, e simili a tanti altri individui, faccende umane. La distanza che mi divide da Bastiano è oceanica.
D- Qual è il significato del colore Bruno Van Dyck nel libro e come influisce sulla mente di Bastiano?
Il colore si sa ha un effetto ipnotico, risvegliando ricordi sepolti e mettendo in luce la complessità della nostra psiche, è anche una tua esperienza ? il tuo colore preferito?
– Il colore Bruno Van Dyck nella trama costituisce una improvvisa perturbazione, un lampo a cielo sereno, la neve ad Agosto, come canta Gigi D’Alessio. E’ l’illogicità che sorprende, che fa strabuzzare gli occhi, che spaventa. Ma…dopo! Sì, perché la reazione di Bastiano, quando gli capita di averlo sotto gli occhi, è fulminea. Di quelle che non ti danno il tempo di realizzare che ti stai buttando dall’aereo senza il paracadute. Il suo cervello va completamente in tilt. Ritengo che non ci sia una sola persona al mondo priva di quella intima, inabissata, “foresta” della cui ci ha parlato Baudelaire. Per cui, anch’io, molto spesso, resto inconsapevolmente turbato da qualcosa (o qualcuno). Una mia amica mi confessava che il personaggio animato, Masha, della fortunata serie animata Masha e Orso, le incute timore. Ma come, una bambina poco più grande di una formica? Ebbene sì. Chiamiamoli “misteri della psiche”. Adoro il blu.
D- Leggiamo nel tuo libro “Il Fuhrer è stato un sant’uomo, come dimostrato dai divini luoghi di confluenza da egli creati, all’interno dei quali vivevano, in una condizione di grazia celeste, centinaia di migliaia di eterogenei individui”.
La commissione è letteralmente tramortita – Bastiano si gioca l’esame con questa frase…UN BEL COLPO DI SCENA …di Bastiano e tuo per tenere vivo l’interesse del lettore??
– No! E’ la scioccante affermazione che rovinerà la vita di Bastiano. Se non l’avessi scritta avrei fatto fatica a dimostrare che, in fondo, se l’è cercata. Questo delirio verbale giustifica il sottotitolo, “Il peso delle parole”.
D- Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere ai lettori con il tuo libro?
– Che la comunicazione risulta essere la base su cui si poggia qualsivoglia rapporto. Con la parola si può indurre alla ragione, si può indisporre, si può far innamorare, si può tradire. Insomma, raccomando (cominciando da me) di pensare fino a cento…no, facciamo fino a mille prima di fare uscire dalla bocca qualcosa che potrebbe rischiare di compromettere seriamente un nostro cammino tranquillo, o magari, come nel caso di Bastiano, virtuoso.
D- Qual è stata la parte più difficile da scrivere nel libro?
– Quando si decide di scrivere un Giallo bisogna rassegnarsi che la volontà non deve affievolire neanche un secondo. La dinamica “causa-effetto” deve essere soddisfatta durante tutto l’arco della narrazione. Altrimenti, il lettore, che proprio imbecille non è, scova l’incongruenza e si può affermare che il libro, in quel preciso istante, si trasforma nelle sue mani in carta straccia.
D- La narrazione del tuo libro è basato su molti dialoghi che tengono un ritmo serrato perché questa scelta??
– Quando la trama è ricca di colpi di scena che, oltre al protagonista, coinvolgono quasi tutti gli altri personaggi, non ci si può limitare alla narrazione introspettiva. Perché è il continuo incontro-scontro tra i personaggi che esige di essere raccontato. In caso contrario, credo che le personalità di ciascun personaggio farebbe fatica a mostrarsi limpidamente.
D- Cosa ti aspetti che i lettori possano trarre dalla lettura di “L’altro uomo, il peso delle parole”?
– Che la vita ha le sue ferree leggi. Tra queste, nel libro ne traggo una: “Chi sbaglia paga, inesorabilmente”. Dalla cui: “Se si è nati martello è maledettamente difficile, se non impossibile, vivere da chiodo”.