Le speranze della Salernitana di disputare il prossimo campionato nella elite del calcio nazionale sono ridotte al lumicino. Ma se non fosse che la squadra sta dimostrando un’assoluta inadeguatezza alla categoria – sia sotto il profilo agonistico che quello caratteriale – si potrebbe nutrire qualche legittimo auspicio in virtù dei risultati delle concorrenti, in particolare se il Sassuolo non dovesse vincere contro il Napoli nel recupero di mercoledì. Occorrerebbe però una metamorfosi nella qualità della prestazione, oltre che una vittoria nella prossima trasferta friulana. Metamorfosi che, allo stato, costituisce più una irrazionale speranza che una logica previsione.
In particolare con l’arrivo di Liverani, la Salernitana ha mostrato un ulteriore calo di rendimento, evidente soprattutto nel fatto che Inter e Monza, oltre ad aver segnato i meritati gol, hanno avuto a disposizione diverse altre opportunità per incrementare ulteriormente il bottino; aspetto che invece non si evidenziava quando a sedere sulla panchina dei granata vi era Inzaghi, con il quale, pur conquistando pochi punti, la compagine granata non offriva molte opportunità da rete agli avversari.
Ma il tecnico di maggior valore che nel corso di questa terribile annata si è seduto sulla panchina della Salernitana è stato indubbiamente Paulo Sousa, per il pedigree in possesso del portoghese e per quanto dimostrato lo scorso anno.
Purtroppo la scorsa estate i rapporti tra il tecnico lusitano ed il presidente Iervolino hanno iniziato a deteriorarsi, non tanto per il colloquio che Sousa ebbe con il presidente del Napoli De Laurentiis, ma soprattutto durante il corso del ritiro.
Durante il romitaggio estivo di Rivisondoli una parte della tifoseria cominciava a mugugnare per il mancato arrivo, a suo dire, di nuovi acquisti o, comunque, di calciatori tecnicamente validi. Nei giorni immediatamente successivi Sousa lamentò pubblicamente le medesime mancanze. Il presidente Iervolino – convinto che la squadra che aveva terminato la precedente stagione in maniera brillante fosse comunque valida in quanto si era privata solo di giocatori come Piatek e Vilenha (sicuramente non dei fuoriclasse) e confidando nel d.s. De Sanctis per i nuovi acquisti – non prese bene le dichiarazioni del trainer portoghese, anche perchĂ© giunte in un momento in cui il presidente Iervolino viveva con un pizzico di amarezza le lamentele di una parte della tifoseria. Oggi, con il “senno di poi”, è facile dire che avesse ragione Sousa, ma occorre anche mettersi nei panni del massimo dirigente granata, che, seppur non aiutato dalla politica locale, aveva effettuato negli anni precedenti importanti investimenti e credeva nel lavoro del proprio d.s.
Probabilmente quello è stato il momento in cui ha iniziato a incrinarsi il rapporto tra presidente e allenatore. E in tali contesti i primi a risentirne sono i calciatori i quali vengono inevitabilmente a conoscenza prima di ogni altro che le due figure apicali della squadra non remino nella stessa direzione. I calciatori, per quanto professionisti, sono comunque dei giovani che svolgono la loro pur invidiabile attività lavorativa lontano da casa. Se si considera anche che spesso, nei momenti di crisi, non sono nemmeno consigliati bene dai loro procuratori che, invece di invitarli a concentrarsi bene nella partita e negli allenamenti, gli prospettano nuove squadre per l’anno successivo o addirittura per il successivo gennaio, ecco che la “frittata è fatta”.
Successivamente sono intervenuti nuovi eventi che hanno contribuito nuovamente a destabilizzare la situazione. Dopo il pareggio alla prima giornata a Roma, condito anche da una buona prestazione, tanti erano sicuri che la Salernitana non avrebbe disputato un campionato con la preoccupazione della zona retrocessione. E di ciò era sicuramente convinto anche il presidente Iervolino, tanto che dopo il successivo pareggio interno con l’Udinese, intervistato, affermò l’auspicio che la Salernitana non si ammalasse di pareggite, con un evidente riferimento alla parte finale della precedente stagione. Sicuramente Danilo Iervolino proferì quelle parole perché convinto, come all’epoca buona parte della tifoseria, che la squadra fosse tecnicamente forte, ma è possibile anche tali parole costituissero anche una sottile stoccata per il suo allenatore.
Poi il 2 settembre la vicenda Dia, figlia di un calcio malato, fa da detonatore al descritto contesto. Il giorno successivo la Salernitana, orfana del senegalese, perde a Lecce e Sousa dichiara pubblicamente e a chiare lettere che la Salernitana è piĂą scarsa dell’anno precedente, quasi a voler replicare a quanto dichiarato da Danilo Iervolino una settimana prima. Difficile dire ancora oggi – nonostante i risultati negativi che però potrebbero essere figli dei fatti narrandi – se questo sia vero, ma sicuramente al presidente quelle parole hanno dato fastidio, anche perchĂ© giunte in un momento in cui vi era molta amarezza per il comportamento di Dia e del suo procuratore.
Probabilmente un allenatore comprensivo del momento complesso che stava vivendo il suo presidente avrebbe dovuto astenersi da quella affermazione, che a Danilo Iervolino arrivò come un j’accuse nei confronti della campagna acquisti – tra l’altro appena conclusasi – svolta dalla squadra granata.
Difficile immaginare che, con il contesto che si era creato, i giocatori già ai primi di settembre non fossero un po’ disorientati. Mentre è facile ritenere ciò che Sousa non avrebbe dovuto dire o fare, un po’ più complicato riflettere se l’atteggiamento del presidente di fronte alle posizioni dell’allenatore sia stato quello giusto o meno. Scartata l’ipotesi di esonerarlo già a fine luglio quando l’allenatore espose le predette affermazioni (occorre ricordare quanto Sousa fosse stimato come tecnico sia dalla tifoseria ma anche dalla dirigenza dopo i risultati ottenuti nella stagione precedente), si può ritenere che, forse, se il presidente si fosse lasciato scivolare addosso quelle incaute dichiarazioni dell’allenatore il rapporto non si sarebbe deteriorato con quello che, comunque, in quanto a risultati conseguiti in carriera, era comunque un allenatore di fama europea e sicuramente tra gli addetti ai lavori più considerato rispetto ai due allenatori che lo hanno seguito. O forse Paulo Sousa semplicemente non aveva più voglia di continuare l’esperienza salernitana, ma resta il dubbio sull’adozione di un altro tipo di comportamento in presenza di quelle esternazioni del portoghese.
A prescindere da quelli che possono essere stati gli errori commessi dalla società durante l’annata in corso, non si può dimenticare che Danilo Iervolino, con la sua intelligenza, perspicacia e acume, farà sicuramente tesoro delle esperienze vissute per assicurare alla Salernitana, nella denegata ipotesi di retrocessione, un’immediata risalita. E a coloro che ritengono che l’imprenditore di Palma Campania ceda la società in caso di retrocessione occorre ricordare – oltre che nel calcio italiano di A e B mai nessun presidente ha venduto dopo soli due anni dall’acquisto – che Danilo Iervolino non vuole vanificare gli ingenti investimenti compiuti, non intende in alcun modo terminare questa esperienza da perdente, sa che il calcio dà una visibilità che altri settori non offrono, non ha affatto abbandonato il sogno di vedere la Salernitana in Europa ed è consapevole che, limando i rapporti con personaggi influenti sul territorio, possa riprendere le fila di un discorso soltanto interrotto e che vorrà al più presto riprendere grazie alla profonda passione che nutre per i colori granata.