Il governo ha deciso di introdurre quasi un miliardo di euro per gli ecobonus destinati al settore automotive, con l’obiettivo neanche tanto celato di raddoppiare la produzione italiana di autovetture, oggi inferiore al mezzo milione di unità .
Saranno però soprattutto i produttori automobilistici stranieri a guadagnarci con gli incentivi alle rottamazioni. Certo la normativa europea impedisce ai singoli paesi membri di utilizzare fondi pubblici per favorire l’acquisto di nuove auto realizzate nei propri confini. Si stima così che il 70 per cento degli incentivi, circa 793 milioni di euro solo per la parte auto, servirà per comprare veicoli assemblati all’estero. Soltanto il 30 per cento, quindi, sarà distribuito tra i modelli costruiti negli stabilimenti qui in Italia. Tra l’altro, la maggior parte dei modelli Made in Italy sono con alimentazione endotermica o ibrida.
Oggi tra le autovetture assemblate in Italia da Stellantis sono meno di una decina i modelli che hanno le caratteristiche di prezzo ed emissioni necessarie ad ottenere gli incentivi. Si è cercato di correre ai ripari con la decisione del ministero delle Imprese di indirizzare una parte consistente degli sgravi, circa 430 milioni di euro, per l’acquisto di veicoli con emissioni maggiori: tra i 61 e i 135 grammi di CO2 al chilometro.
Ma vediamo nel dettaglio cosa prevedono gli incentivi. Tre le fasce di emissione CO2, il cui acquisto sarĂ premiato dal Governo:
- 0 – 20 g/Km (veicoli quasi esclusivamente elettrici)
- 21 – 60 g/Km (sostanzialmente vetture plug-in hybrid)
- 61 – 135 g/Km (qui vi rientrano auto con motore termico e mild hybrid)
Storicamente la terza fascia registra sempre il maggior numero di richieste. In questa, la forbice degli incentivi spazia da 1.500 ai 3.000 euro per l’acquisto di una nuova vettura Euro6, rottamando una vecchia vettura di classe ambientale Euro4 o inferiore.
Per le famiglie con Isee inferiore ai 30.000 euro, poi, viene riconosciuto un extra bonus pari al +25 per cento del relativo incentivo, ma solo per le prime due fasce di emissione CO2 (?!)
L’Italia è maglia nera in Europa nella circolazione di auto elettriche. Solo il 4 per cento circa del totale delle auto immatricolate nel Bel Paese lo scorso anno. La colpa non risiede solo nei problemi più pratici e quotidiani: la difficoltà di ricaricare e i prezzi alti di listino.
In Italia è molto complicato trovare centraline per la ricarica. Quelle pubbliche sono circa 48mila, distribuite soprattutto al Nord e nelle grandi città . Quasi inesistenti, invece, le ricariche su piazzole ed autogrill di autostrade e superstrade.
Ma se consideriamo che un’elettrica di nuova generazione percorre mediamente tra i 350 e i 400 chilometri, si potrebbero programmare facilmente dei viaggi di piacere o anche solo di lavoro. Se ci fossero agevolazioni importanti, una fetta grande di italiani potrebbe installare wall box o colonnine nella propria abitazione, anche perché in Italia il 48% della popolazione vive in case indipendenti. Inoltre, la percentuale di italiani che percorrono meno di 10 chilometri al giorno in auto è addirittura il 79%!
Oggi la meno performante tra le vetture elettriche ha una autonomia di 150 chilometri, quindi anche i timori rispetto alla loro autonomia non sono motivati. Il punto vero è che una citycar elettrica costa tra i 10 e i 15.000 euro in più rispetto ad una sua omologa a benzina o diesel. In Italia solo il 2,5% della popolazione ha un reddito che supera i 70 mila euro. A ben vedere, il tema del prezzo elevato è reale e centrale. Congrui incentivi all’acquisto sono importantissimi!
La concorrenza cinese ha prodotto una guerra dei prezzi sull’auto elettrica. La vera battaglia però non è tagliare i prezzi di produzione, riducendo la salute economica dell’azienda. La madre di tutte le battaglie è nella riduzione dei costi dell’elettrico. In quale modo? L’obiettivo industriale deve essere quello di tagliare il costo della batteria in una vettura elettrica, che incide per il 40% sul prezzo finale di vendita.
L’Italia è il secondo mercato, dopo quello francese per la Renault. In questi giorni si parla tanto di una loro possibile fusione. La fusione tra Stellantis e Renault creerebbe il primo gruppo Automotive al mondo.
L’A.D. di Stellantis, Tavares, in più di un’occasione ha fatto capire al governo Meloni che senza un adeguato piano di incentivi, rivolti proprio a facilitare la transizione ecologica e il passaggio dalle produzioni di auto a motore endotermico (benzina e diesel) a quelle elettriche, alcuni stabilimenti italiani potrebbero essere a rischio.
Da più parti si è alzato un coro di proteste per quanto affermato dal numero uno di Stellantis, Tavares.
I malumori sono dovuti soprattutto al fatto che nel corso dei decenni l’ex gruppo Fiat ha beneficiato di enormi incentivi pubblici, evidentemente più legati al mantenimento dei livelli occupazionali che non al miglioramento in concreto dell’efficienza produttiva e della competitività del proprio gruppo.
In Italia ci sono 6 stabilimenti Stellantis con oltre 40.000 dipendenti, di cui 4.200 nel solo stabilimento di Pomigliano D’Arco.
Purtroppo le vendite, in particolare dei modelli Maserati e 500e di Mirafiori a Torino, non vanno affatto bene! Si registra un calo del 9 per cento rispetto all’anno scorso.
Da qui, la decisione del management di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria tra febbraio e marzo di quest’anno.
Il rischio concreto è che questa fabbrica finisca per spegnersi poco a poco. Nello stabilimento di Mirafiori, infatti, il 60-70% degli operai nell’arco di cinque o sei anni andranno in pensione e alla produzione resteranno in pochi.
Tanta la preoccupazione tra i lavoratori, poiché a forza di cassa integrazione si ritroveranno ad avere pensioni più povere. Come se non bastasse, poi, dal 2026 la Panda sarà prodotta in Serbia e quindi bisognerà assegnare nuove produzioni allo stabilimento di Pomigliano D’Arco.
Ancora una volta in Italia paghiamo lo scotto per una classe politica incapace di attrarre nuove proprietà e nuove aziende che possano effettivamente animare un settore in crisi, come oggi quello dell’Automotive.