In Italia uno dei principali problemi che abbiamo nel mondo del lavoro, riducendo la produttività dei lavoratori e la competitività delle nostre aziende, è il Cuneo Fiscale!
Ma cosa rappresenta il cuneo fiscale? Un lavoratore senza figli a carico è sottoposto ad una pressione fiscale del 50% c.a. Il 17% è rappresentato dalle imposte personali sul reddito e il restante 33% dai contributi previdenziali, di cui una parte è a carico del datore di lavoro (24%) e l’altra del lavoratore (9%).
Per fortuna da un paio d’anni si è intervenuti riducendo l’aliquota contributiva a carico dei lavoratori. La logica alla base di queste politiche è semplice: se i lavoratori ottengono un maggior importo netto in busta paga possono aumentare anche la spesa in beni e servizi, soprattutto interni, dando così una bella boccata d’ossigeno alla nostra economia in forte difficoltà.
C’è però anche un’altra faccia della medaglia: far quadrare i conti dello Stato! Tasse e contributi finanziano la spesa in servizi pubblici come scuola, sanità, pensioni, etc.
Tornando quindi alla contribuzione a carico del lavoratore, già per l’anno 2022 fu introdotto e riconosciuto uno sconto dello 0,80% per il primo semestre e del 2% sul secondo semestre.
La legge di Bilancio del 2023 ha innalzato lo sconto per il primo semestre, arrivato al 3% per le retribuzioni che non superano i 1.923 euro mensili e del 2% per quelle retribuzioni mensili che non superano i 2.692 euro.
Sempre nel corso dell’anno 2023, il decreto legge n. 48 ha previsto un ulteriore taglio del cuneo fiscale per il secondo semestre, portando così lo sconto contributivo a carico dei lavoratori al +4%.
La manovra 2024 proroga la misura per tutto l’anno corrente, mantenendo gli stessi limiti di retribuzione. Il risultato è il seguente: fino a 1.923 euro mensili la misura dello sconto è del 7%; oltre i 1.923 euro e fino ai 2.692 euro mensili la misura dello sconto è del 6%; oltre i 2.692 euro mensili non c’è nessuno sconto!
I lavoratori beneficiari sono tutti i dipendenti (titolari di un rapporto di lavoro subordinato) in corso alla data del 01 gennaio 2024 e neoassunti nel corso di quest’anno. I datori interessati sono tutti, ma proprio tutti: settore privato e pubblico, imprenditori e non imprenditori (come i titolari di Studi legali e commerciali).
La base imponibile per il calcolo della contribuzione a carico del lavoratore è rappresentata dall’imponibile previdenziale, visibile in ogni cedolino paga. Interessante è il discorso riguardante il trattamento della tredicesima mensilità. Questa è inserita nella base di calcolo per verificare se si ha diritto o meno allo sconto contributivo: il 7% per 25.000 euro annui, cioè euro 1.923 * 13 mensilità; il 6% per 35.000 euro annui, cioè euro 2.692 * 13 mensilità.
Però sulla tredicesima mensilità, sia essa percepita in un’unica soluzione a dicembre oppure in ratei mensili, non si applica lo sconto contributivo. In altre parole per la 13ma l’aliquota rimane sempre ferma al 9% c.a.
Comunque il guadagno in busta paga per i lavoratori dipendenti non è semplicissimo da quantificare. Infatti la base imponibile per il calcolo dell’Irpef è uguale alla base imponibile previdenziale dedotti i contributi dovuti.
È chiaro quindi che riducendosi i contributi previdenziali, in conseguenza dello sconto del 6% oppure del 7%, aumenta la base imponibile Irpef e il relativo prelievo fiscale!
Ma quali sono le aliquote e gli scaglioni Irpef?
Fino al 31 dicembre 2021, le aliquote e gli scaglioni Irpef erano cinque: 23% fino a 15.000 euro annui; 27% oltre i 15.000 e fino a 28.000 euro annui; 35% oltre i 28.000 e fino a 55.000 euro annui; 41% oltre i 55.000 e fino a 75.000 euro annui; 43% oltre i 75.000 euro annui.
Nel 2022 le aliquote e gli scaglioni Irpef sono stati così rimodulati: 23% fino a 15mila euro annui; 25% oltre i 15mila e fino a a 28mila euro annui; 35% oltre i 28mila e fino a 50mila euro annui; 43% oltre i 50k euro annui.
Nel 2023 non ci sono state variazioni. Invece la legge di Bilancio del 2024 ha previsto per il solo anno in corso un riordino delle aliquote fiscali Irpef che passeranno dalle attuali 4 a solo 3: 23% fino a 28mila euro annui; 35% oltre i 28mila e fino ai 50mila euro annui; 43% oltre i 50mila euro annui.
In particolare il beneficio interesserà i contribuenti con un reddito collocato nella fascia tra i 15.000 e i 28.000 euro annui, vale a dire tra i 1.250 e i 2.333 euro mensili. Questi beneficeranno di una riduzione di due punti percentuali sull’aliquota d’imposta.
Ricordiamo anche che dall’imposta lorda Irpef andranno sottratte le varie detrazioni di cui si gode. Si prevede che le buste paghe per i lavoratori dipendenti nel 2024 saranno più pesanti, anche in seguito all’aumento delle detrazioni per lavoro dipendente che passeranno da 1.880 a 1.955 euro.
Questi provvedimenti purtroppo non sono strutturali e il problema si porrà nella prossima manovra di Bilancio, quella prevista per il 2025. Infatti tra meno di un anno dovranno essere rifinanziati e solo queste due misure assieme raggiungono i 15 miliardi di euro, 4 per la riforma fiscale e 11 per il taglio al cuneo contributivo.
Il rischio concreto sarà l’aumento del prelievo fiscale e contributivo a carico dei lavoratori, gli stessi che oggi si avvantaggeranno di questi interventi!