La commozione per la scomparsa di Matthew Perry ha messo in luce, al netto di ogni concessione all’inevitabile retorica del caso, una verità inconfutabile: nessuno, tra i protagonisti di Friends, ha saputo colpire al cuore gli spettatori della storica sitcom quanto l’inadeguato, sarcastico, impacciato, impeccabilmente imperfetto Chandler Bing.
Mettiamo subito in chiaro la difficoltà e l’inopportunità del fare le pulci a una sitcom come Friends, tra i pochi prodotti del genere a poter vantare una gang di protagonisti credibile, ben caratterizzata in ogni suo componente al netto di qualche estremizzazione qua e là : eppure non sembra esserci partita tra i vari Ross, Rachel, Phoebe, Joey, Monica e il personaggio reso immortale da Matthew Perry, ed è qualcosa che va ribadito a gran voce anche correndo il rischio di passare per i fan dell’ultima ora, quelli della ricerca a ogni costo del messaggio dagli occhi lucidi dopo il triste evento.
Proprio l’innegabile qualità complessiva della serie rende infatti ancora più eccezionale il risaltare di un singolo personaggio in un gruppo di protagonisti amatissimi: cos’è che ha reso Chandler Bing il Friend a cui tutti abbiamo voluto un filo di bene in più? La risposta è chiara: nessuno dei protagonisti di Friends incarnava e incarna lo spettatore di Friends quanto il coinquilino di Joey prima e fidanzato/marito di Monica poi, in particolar modo se ci soffermiamo sull’aspetto della realizzazione personale e professionale.
Se il percorso di crescita di ognuno dei nostri eroi è credibile e ben raccontato, salta infatti facilmente all’occhio come tutti questi, ad esclusione appunto di Chandler, potesse contare su un’aspirazione ben precisa: agli inizi dello show Ross è già un affermato paleontologo, Joey sogna di sfondare a Hollywood e Monica cerca di farsi valere come chef, mentre Phoebe è ben felice di vivere nel suo universo naive e Rachel, vinte le iniziali paure, riesce in tempi relativamente brevi a farsi strada nel mondo della moda, mentre Chandler vive un limbo perenne.
Si tratta del limbo degli incompiuti, degli insoddisfatti, di coloro che aspirano alla felicità ma quasi hanno rinunciato a cercarla, perché non vedono una strada che possa aiutarli a raggiungerla: Chandler si nasconde dietro il muro del sarcasmo, (soprav)vive di un lavoro che non comprende e che non ha intenzione né motivo di amare, cerca supporto nel fumo e nell’eterno ritorno di quella Janice che è ben conscio di non volere.
Eppure, rischia, cammina, cresce, con quel fare tipico di chi decide di coprirsi gli occhi e lanciarsi nel vuoto pur sentendo addosso tutto il peso della paura: rischia una relazione sentimentale che avrebbe potuto distruggere un intero gruppo di amici e si scopre capace di farla funzionare, cambia lavoro e riparte da zero nonostante l’immancabile minaccia dell’umiliazione, del dover sottostare a capi più giovani di lui, del vedersi circondato da amici le cui carriere sono ormai belle che affermate (no, non quella di Joey, ovviamente).
Se Friends, tra una risata pre-registrata e l’altra, parla prima di tutto di crescita e di cambiamento, Chandler è insomma la sublimazione di quel concetto, e dunque il cuore della serie stessa più dei tira e molla tra Ross e Rachel, più dei patemi madre-figlia di Monica, più della sindrome di Peter Pan di Phoebe e Joey: più di ognuno di questi, Chandler rappresenta un atto d’amore quanto mai attuale per l’uomo medio, che nel prendere in odio la sua normalità finisce per essere straordinario senza neanche accorgersene, anche quando la vita gli rema contro. Matthew Perry, qualche tempo fa, ebbe a dire che avrebbe voluto esser ricordato come uno che ha provato ad aiutare gli altri: a poche ore dalla sua prematura scomparsa non è un azzardo asserire che siamo già sulla buona strada.