Si inaugura l’ennesimo pezzo dell’alta velocità italiana, la Bari-Napoli, e come al solito c’è qualcuno che paga il conto senza aver nemmeno mangiato alla tavola del progresso. Questa volta tocca a Caserta, città condannata a diventare una stazione di serie B, mentre i treni frecciarossa ed Italo sfrecceranno orgogliosi verso Benevento, lasciando indietro un territorio che, per storia e posizione, avrebbe tutte le carte in regola per essere un nodo strategico.
Un impatto diretto su pendolari e turisti
Le prime a subire le conseguenze saranno le migliaia di persone che ogni giorno si spostano da Caserta verso Napoli e Roma per lavoro o studio. Gli orari dei regionali subiranno modifiche, e l’assenza di collegamenti diretti comporterà tempi più lunghi e maggiore incertezza nei trasbordi. Per chi viene dal Molise, Caserta rappresentava uno snodo cruciale per raggiungere l’alta velocità: ora dovrà cercare alternative meno efficienti.
Il danno riguarda anche il turismo. La Reggia di Caserta, con oltre 800.000 visitatori annui (dati 2023 del Ministero della Cultura), rappresenta una delle principali attrazioni culturali del Sud. Tuttavia, l’accessibilità resta un problema: senza una fermata AV nelle vicinanze, i tempi di percorrenza da Napoli si allungano e scoraggiano i visitatori in arrivo in aereo o in treno.
Silenzio politico e scelte discutibili
Manca una reazione forte da parte della rappresentanza parlamentare e istituzionale locale. Non risultano, ad oggi, interrogazioni parlamentari né comunicati ufficiali da parte dei principali esponenti politici del territorio. Un’assenza che pesa, soprattutto considerando che, in fase di progettazione, era possibile valutare soluzioni alternative o una diramazione della linea AV anche verso Caserta.
Un paradosso, se si pensa che proprio la Napoli-Portici, prima ferrovia del Regno delle Due Sicilie, fu presto estesa fino a Caserta: un collegamento che i Borbone avevano ritenuto essenziale oltre 150 anni fa.
Un’occasione mancata per il Mezzogiorno
Non si tratta solo di binari, ma di visione. Le grandi opere dovrebbero ridurre i divari territoriali, non accentuarli. Lasciare Caserta e il suo hinterland fuori dalla rete AV significa confermare l’impressione che le politiche infrastrutturali servano a potenziare chi è già forte, lasciando indietro chi avrebbe più bisogno.
Nel frattempo, il Molise — spesso bersaglio di ironie e dimenticanze — subisce un ulteriore isolamento. L’assenza di una connessione rapida con il resto del Paese ne indebolisce il tessuto economico e sociale.
Il treno del progresso non può essere solo per pochi
Caserta non chiede privilegi, ma pari dignità. Con un potenziale industriale, turistico e culturale rilevante, merita una rete di trasporti all’altezza. L’alta velocità, così come concepita, rischia di essere un’ulteriore frattura tra territori centrali e periferici.
Il Sud ha bisogno di infrastrutture, sì. Ma soprattutto di scelte coraggiose, basate su criteri di equità e sviluppo. Finché le decisioni strategiche continueranno a ignorare intere comunità, continueremo a vedere i treni del futuro passare — senza mai fermarsi.