Nel mondo incantato della danza, alcuni talenti brillano con una luce propria, catturando l’attenzione del pubblico con la loro grazia e maestria. Martina Gaudioso, giovane ballerina emergente, incarna perfettamente questa aura di promessa e talento. Con i suoi passi eleganti e la sua dedizione incrollabile, sta iniziando a farsi notare sulla scena della danza contemporanea.
In un’esclusiva intervista, abbiamo avuto l’opportunità di gettare uno sguardo dietro le quinte della sua straordinaria carriera e scoprire i segreti del suo successo. Martina Gaudioso si è rivelata non solo una ballerina di straordinario talento, ma anche una fonte di ispirazione per coloro che seguono il loro sogno con determinazione e passione.
Attraverso le sue parole e le sue esperienze, ci immergeremo nel mondo affascinante della danza professionale e conosceremo da vicino la vita di una giovane artista che vuole lasciare un’impronta indelebile nel panorama della danza contemporanea.
D- Cosa ti ha spinto ad iniziare danza e cosa ti ha appassionato di questo mondo?
Per me è stato un amore inaspettato, non è qualcosa che ho sempre saputo di voler fare. Da piccola facevo ginnastica ritmica, e dopo averla lasciata, ho passato un paio d’anni nella totale nullafacenza, provando vari sport che però non mi appassionavano. Così decisi di voler ricominciare a praticare ginnastica. Mia mamma però, mi consigliò di provare a vedere qualche video di balletti classici e contemporanei su YouTube, ed io lo feci. Da quel momento mi innamorai della danza, in tutte le sue forme. Ero affascinata dai movimenti, dall’intensità di ogni singolo passo e gesto. Non mi capacitavo di come fosse possibile esprimere così tante emozioni e sensazioni attraverso il movimento del corpo. Così, andai a fare una prova in una scuola di Salerno e da quel giorno non ho mai più tolto piede dalla sala danza.
D- Come hai sviluppato la tua tecnica e il tuo stile negli anni?
Ho studiato e mi sono allenata con impegno e parsimonia tutti i giorni. Ho dovuto fare molti sacrifici, soprattutto sociali. Spesso saltavo le feste di compleanno, le uscite con gli amici, ed altri eventi che per una ragazza all’inizio della sua adolescenza sono cose estremamente importante. Ma non me ne sono mai pentita, e ancora oggi non mi pento dei sacrifici che sono costretta a fare. Ho deciso poi di approfondire la mia conoscenza del mondo della danza scegliendo il liceo coreutico, che al contrario di come molti pensano, è un normalissimo liceo dove si studiano tutte le materia curriculari, la differenza è che, come materie di indirizzo, ha quelle coreutiche: cioè, quelle che riguardano la danza. Ho studiato la tecnica pratica della danza classica e contemporanea e non solo, infatti, grazie allo studio della teoria, e della storia della danza, ho arricchito notevolmente il mio bagaglio culturale. Ho imparato come lo studio di quest’arte ti possa dare una visione nuova delle cose, ed un atteggiamento diverso anche nei confronti della vita. Ho visto e provato su me stessa, come spesso sia terapeutica e liberatoria.
D- Come hai deciso di creare coreografie su temi profondi o astratti, e quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Io dico sempre che non sono io a creare le coreografie, ma è un po’ come se loro cercassero me. Un po’ come la poesia, che parte da un’esigenza, un impulso che ti spinge a raccontare qualcosa, a lanciare qualche messaggio. Spesso le coreografie che creo riguardano temi abbastanza importanti, per cui c’è anche una ricerca musicale consona al tema trattato. Un esempio è stata la mia prima coreografia, che portai in un programma tv di nome “The coach”, la quale raccontava il massacro della Shoah, sulle note di Schindler list. Ecco, anche lì, percepii, dopo aver visto il film da cui è tratto il brano, un’esigenza estrema di ricordare questo terribile momento storico. E volevo ricordarlo trasmettendo la grande sofferenza umana attraverso il movimento del corpo, il quale può esprimere non solo il dolore fisico, ma anche quello più profondo dell’anima, lo strazio e la perdita totale della speranza. Questo è il motivo principale per cui mi baso perlopiù su temi profondi, su sentimenti particolari, o astratti. Tutto parte da un’esigenza. La mia fonte d’ispirazione, quindi, è la vita stessa. E poi, sono sempre più convinta che la danza sia un’arte completa, che va oltre la parola e l’ascolto. Ecco perché la danza non è definita uno sport, ma un’arte.
D- Qual è il ruolo della danza per te, e perché ritieni vada oltre la parola e l’ascolto?
La danza, da quando ha iniziato a far parte della mia vita, ha sempre ricoperto gran parte della mia quotidianità. Per questo motivo, è sempre stata un po’ il centro pulsante della mia vita.
Era un qualcosa che, per quanto provocasse dolore al corpo fisico, faceva stare bene la parte interiore di me, la mia anima. Assurdo pensare come, nel momento in cui metto piede all’interno della sala di danza, o di un teatro, qualsiasi problema svanisce nel nulla, qualsiasi paura esterna al contesto in cui mi trovo, si vaporizzi istantaneamente. Ormai non ci faccio nemmeno più caso, ma se emi ritrovo a pensarci su, posso affermare con certezza che la danza mi ha aiutata nei momenti più brutti della mia vita.
Spesso durante le lezioni di danza moderna, mentre mi esercitavo in una qualche coreografia, mi sono ritrovata a piangere. Era un pianto spontaneo e incontrollato. E capivo che un determinato movimento, una successione di passi associati all’interpretazione, toccavano qualcosa dentro di me, un’emozione profonda che magari provavo a reprimere dentro di me. E questa sensazione veniva fuori attraverso le lacrime. Nulla si può nascondere a sé stessi mentre si danza, tutto viene fuori. Ecco cosa intendo quando dico che la danza va oltre la parola e l’ascolto. Attraverso il movimento di un braccio, di una gamba, in base all’intensità con cui viene fatto un passo, all’ampiezza di un movimento, allo sguardo, si riesce a dire tutto ciò che la parola non osa dire. Si sente e si impara più di qualsiasi discorso parlato. Si esprime un’emozione talmente profonda che è impossibile spiegarla a parole.
È il mezzo perfetto, per lanciare messaggi, abbattere pregiudizi e lottare per qualcosa in cui si crede. È il mezzo perfetto per far uscire la parte migliore e peggiore di sé stessi. Il corpo e lo sguardo parlano da sé, sia nel silenzio che nel rumore.
D- Quali sono le difficoltà che hai incontrato nel percorso per diventare una ballerina?
È risaputo che il mondo dell’arte in generale, è uno di quelli più difficili e sottovalutati del mondo. Quindi anche quello della danza. Basti pensare che ancora oggi nella comunità italiana, fare il ballerino non è visto come un vero e proprio lavoro, purtroppo su questo siamo ancora molto indietro rispetto agli altri paesi del mondo. Tutto questo mette sempre molta tristezza, e soprattutto scoraggia le generazioni a fare della danza il proprio futuro. Più si va avanti infatti, più ci si rende conto che qui in Italia, la danza, è forse l’arte meno riconosciuta.
La scalata verso una realizzazione personale è più che ripida, le pareti di questa montagna sono liscissimi e pochissimi sono gli appigli per scalarla. La difficoltà più grande per me non riguarda solo la preparazione fisica, i sacrifici, e le porte in faccia prese. Perché quelle per quanto possano fare male, sono un solo gradino da salire, e se si vuole ce la si può fare. Ma la vera grande difficoltà che ho incontrato io, è andare avanti, sempre e comunque. Non ascoltare le malelingue, non dar conto a quegli sguardi giudicanti delle persone, che credono che fare il ballerino vuol dire essere ignoranti, e trovare un pretesto per non fare l’università. È stato, e continua ad essere difficile non lasciarmi abbattere da me stessa. Perché forse il mio peggior nemico spesso divento io stessa. E lo divento perché mi convinco di non avere speranze, di non farcela, di non essere abbastanza. La pressione psicologica imposta, è costante motivo di abbattimento fisico e mentale. Ed è proprio in questi momenti che spesso mi sono lasciata andare, mi sono persa, ho perso di vista la mia più grande passio, il motivo per cui lo stavo facendo, cioè, stare bene, realizzare il mio sogno, anche se solo nel mio piccolo.
D- Quali sono i tuoi obbiettivi futuri nel campo della danza, e cosa ti piacerebbe raggiungere in futuro?
Spero di riuscire a realizzare il mio sogno di ballare in qualche compagnia o come ballerina classica o contemporanea. Vorrei continuare a creare coreografie, mostrandole ad un pubblico in qualche teatro, magari studiando nuove tecniche per affinare le mie capacità. Quando poi, in futuro avrò realizzato tutti questi miei sogni, desidero trasmettere tutte le mie conoscenze alle nuove generazioni, magari aprendo una mia scuola di danza.
D- Puoi parlare più nel dettaglio della tua coreografia del Liber Tango e della tua versione sulla rappresentazione della sensualità femminile?
Ho scelto il brano Liber Tango in quanto credo che già di suo, il tango, sia uno dei balli, e delle musiche che rimandando ad un grande senso di sensualità. Rappresenterò quindi, quella che è la sensualità e l’importanza della sessualità femminile, abbattendo ogni tabù sull’argomento. Cercherò di rappresentare la libertà di essere, di sentirsi, ed esprimere la propria femminilità senza dar conto ai pregiudizi altrui. La sensualità non è data per me solo dal modo di vestirsi e di truccarsi, ma dall’atteggiamento che si usa e dal modo in cui ci si porge, stando attenti però a non oltrepassare quel sottilissimo filo che la separa dalla volgarità. Sarà una danza che crescerà d’intensità insieme alle note musicali che incalzeranno, fino ad arrivare all’apice dell’euforia. Momento di congiungimento tra la carne e l’io interiore che esprime la bellezza e la sensualità femminile.
D- come ti prepari mentalmente prima di salire sul palco per eseguire una coreografia, e come affronti la pressione e l’emozione del momento?
Cerco di tranquillizzarmi, spesso quando mi preparo in camerino, durante la fase di trucco, riproduco una playlist di canzoni che mi aiutano a scaricare la tensione. Inoltre, se siamo un gruppo di persone ad esibirci, ci piace smorzare la tensione cantando insieme. Nei pochi istanti prima di salire sul palco però, ho bisogno di massima serenità e concentrazione, per questo cerco di isolarmi completamente dai rumori che mi circondano, respirando profondamente e concentrandomi sul pezzo. È assolutamente vietato per me, ripetere la coreografia prima di salire sul palco. Poi, è risaputo che ogni ballerina ha dei piccoli riti scaramantici da fare prima di un’esibizione, Per esempio, un mio rito, prima di un passo a due, è quello di abbracciare il mio partner qualche secondo prima dell’esibizione. Se sono sola invece, mi piace dedicare quell’esibizione a qualche persona a me cara, pensandola nella mente. Perché penso che dedicandola a qualcuno io riesca a non dimenticarla e ad eseguirla al meglio.
D- Qual è il ruolo della libertà di espressione, della sconfitta dei pregiudizi nelle tue coreografie e nel tuo approccio alla danza?
Come ho detto, la mia fonte di ispirazione è la vita stessa, e visto che viviamo in un mondo pieno di pregiudizi, pieno di lotte ancora da combattere e di mentalità ancora da aprire, non posso non volgere un importante sguardo alla comunicazione dei valori, dei ricordi, dell’importanza della libertà di espressione, che è il fulcro del mio lavoro. La libertà di dire, di comunicare quello che si vuole, senza avere la paura di essere censurati.
D- Quali consigli daresti a chi sogna di diventare un esperto della danza e di esprimere sé stessi attraverso questo meraviglioso mezzo di espressione artistica?
Il consiglio che posso dare, da ragazza ancora in crescita, e ancora vogliosa di imparare, è quello di non smettere mai di crederci. Come ho detto, nonostante le difficoltà fisiche e sociali che il nostro paese ci ritorce contro, il nemico più grande del successo personale siamo noi stessi. Quindi bisogna trovare la forza ed il coraggio di affrontare quei momenti bui e normali della propria carriera, ed uscirne. Per farlo, bisogna avere ben in mente il proprio obbiettivo, anche se piccolo. Mentirei se dicessi che è semplice, perché non lo è affatto, ma un modo per riuscire nei propri intenti, è quello di non perdere mai di vista il motivo per cui si sta facendo quello che si fa. Avere la consapevolezza, che, anche se si realizzerà per una piccola parte, sarà un grande successo per noi stessi. Quindi, credeteci, provateci, accogliete le porte in faccia come dei nuovi inizi, non perdete mai e poi mai di vista il vostro obbiettivo, e date il massimo per provare a raggiungerlo. Questo è l’unico modo per non avere mai rimpianti nella vita, questo è l’unico modo per provare a realizzare i propri sogni.
E vi lascio una frase che ho sentito un giorno di scuola dalla mia professoressa di italiano che citò “possiamo lamentarci del fatto che le rose hanno le spine, o gioire del fatto che i cespugli spinosi riescano a creare il più bello dei fiori” e credo che in questa frase si racchiuda un grande insegnamento, quello di non vedere sempre la parte negativa e dolorosa delle cose, delle sconfitte, ma bisogna imparare ad andare oltre, e trovare il lato positivo nelle cose. Questo è l’unico modo per andare avanti!