Il ritornello di una vecchia canzone popolare beneventana recita: “Debiti, debiti, fai debiti e non pagare. Di debiti non si muore e in galera non si và!”
Le nuove norme del decreto sanzioni voluto dal Governo Meloni, nell’ambito della più generale riforma fiscale, prevedono che i reati di omesso versamento delle ritenute fiscali e dell’Iva si consumeranno alla data del 31 dicembre successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione.
Attualmente funziona così il d.lgs. 74/2000:
· assume rilevanza penale l’omesso versamento Iva in un determinato anno d’imposta se alla data prevista per l’acconto Iva (il 27 dicembre), relativo all’anno successivo a quello in cui l’Iva è stata omessa, l’ammontare del debito per Iva non versata supera i 250.000 euro.
· assume rilevanza penale l’omissione delle ritenute fiscali, operate ai dipendenti e ai professionisti dal sostituto d’imposta, se alla data di scadenza della relativa dichiarazione (Certificazione Unica) l’ammontare del debito per ritenute non versate supera i 150.000 euro.
L’unico modo per evitare la sanzione penale ad oggi è il pagamento integrale del debito tributario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, prima della dichiarazione di apertura al dibattimento.
Volendo fare un esempio pratico: per l’Iva non versata nel 2023 la verifica va fatta al 27 dicembre 2024, mentre per le ritenute non versate nel 2023 la data rilevante è il 31 ottobre 2024.
In futuro, grazie al nono decreto attuativo di riforma fiscale varato da questo Governo, in entrambe le ipotesi la scadenza sarà il 31 dicembre 2025.
Diversamente da quanto avveniva in passato, inoltre, la non rilevanza penale si ha anche se, una volta superata la soglia prevista che ricordiamo essere di 250.000 euro per l’Iva e 150.000 euro per le ritenute fiscali, è in corso una rateazione con lo Stato.
Ad abundantiam, anche nel caso di decadenza da rateazione non si ha rilevanza penale se rispettivamente:
· il debito residuo per Iva è inferiore a 75.000 euro
· il debito residuo per Ritenute fiscali è inferiore a 50.000 euro
Fin qui la questione della rilevanza penale per tali illeciti. Per quel che concerne invece le sanzioni amministrative, ci sono delle importanti novità: È previsto un tetto massimo del 120%, poiché in Europa la media per sanzioni amministrative in questi casi è di appena il 60%.
Ad onor del vero, bisogna dire che in nessun Paese europeo esiste un livello di evasione come da noi in Italia!
Comunque, lo schema di decreto legislativo prevede che in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi la sanzione, che attualmente varia dal 120 al 240% dell’ammontare, sarà del 120%. Per la dichiarazione infedele la sanzione scenderà al 70%, ma sarà regolarizzabile con una sanzione del 50% calcolata sulle imposte dovute se si presenta la dichiarazione integrativa entro i termini di decadenza dell’accertamento e prima della formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche.
Il vice ministro all’Economia Leo, d’altra parte, ha fatto intendere chiaramente che con l’attuale Governo è finita l’epoca della caccia alle streghe ed è cominciata una nuova era: la compliance!
In altre parole, se con le maniere forti non si ottiene granché dagli evasori, allora: “Pigliamoli con le buone!”
Purtroppo però non sarà possibile, per una questione di coperture al bilancio statale, l’applicazione del “favor rei” per le violazioni alle norme tributarie avvenute in data precedente l’entrata in vigore dell’attuale riforma.
Questa scelta rischia di generare un notevole contenzioso, poiché si scontra con un principio fondamentale del sistema sanzionatorio: l’unicità della sanzione e dell’effetto interruttivo conseguente alla constatazione delle violazioni.
Chi vivrà vedrà, ma nel frattempo cantiamo tutti assieme: “Debiti, debiti, fai debiti e non pagare. Di debiti non si muore e in galera non si và!”