Si dice che gli attori siano le persone più superstiziose al mondo. Anche quando il sipario è abbassato e le luci sono spente il teatro è affascinante con i suoi misteri, le sue antiche credenze, i suoi gesti scaramantici e riti portafortuna.
In Italia l’augurio scaramantico per eccellenza è senza dubbio “Merda, merda, merda!”. Prima di entrare in scena gli attori si riuniscono in circolo prendendosi per mano e dicono “merda, merda, merda!” spesso accompagnato anche da goliardiche pacche sul sedere. Poi ci si continua ad augurare “Tanta merda” gironzolando per il palco.
Questa espressione deriverebbe dall’usanza dell’Ottocento di andare a teatro in carrozza, pertanto molti escrementi di cavallo nei pressi del luogo dello spettacolo denotavano la presenza di un elevato numero di spettatori. Perciò augurare tanta merda ad un attore significa augurargli un grande successo di pubblico. Con l’augurio “Merda merda merda“
A Ignazio De Rosa inizio questa nostra intervista.
Ignazio recita con la compagnia teatrale amatoriale della parrocchia San Demetrio, ha molte passioni tra cui la storia della nostra cittĂ .
D- Quando è nata in te la passione per il teatro? Quando è nata la passione per la recitazione?
In realtà è nata prima la passione per la recitazione, infatti ricordo che bambino, per me il carnevale non era tanto vestirsi con maschere, ma principalmente mi attirava il fare o il dire qualcosa ai miei genitori o ad amici, vedevo il carnevale come una sorta di teatro all’aperto. L’incontro con il teatro è stato del tutto fortuito, e quasi avventuroso, ho avuto sempre l’occasione, per lo piĂą con amici e parenti  d’inventare, al momento piccole farse e recitazioni, di mei scritti con abbigliamento un po’ eccentrico; in uno di queste esibizioni, del tutto gratuite, in una rassegna natalizia, fui notato dal regista Gioacchino Reggiani che mi propose di partecipare ad un lavoro che stava elaborando con la compagnia Teatrale Le Voci di Dentro, compagnia conosciuta in ambito teatrale e con anni di esperienza.
D- C’e’ stato qualcosa che ti ha spinto verso questo mondo?
Si la perdita della mia compagna, avevamo una sorta di duetto sempre, anche nei litigi quotidiani, in cui primeggiava il teatro Eduardiano e frasi di commedie che fanno la storia del Teatro partenopeo e mondiale; è come il ritrovarmi in un mondo in cui i miei valori spirituali di uomo li sento reali e in coppia.
D- Che alchimie si creano in voi della Compagnia Teatrale, con la quale lavori, durante lo spettacolo?
E’ difficile a dirsi, anche se abbiamo una giusta equidistanza con tutto, ma credo che l’aspetto che primeggia è il prendersi cura dell’altro, non in quanto patner in scena, ma in quanto componente della squadra e quindi ognuno è vicino all’altro nell’attenzione per gli oggetti di scena, i costumi, il trucco e la parola giusta al momento giusto. Siamo un’ orologio con i battiti del cuore.
D- Cosa si deve aspettare chi verrĂ a vedervi?
La cosa più semplice…. il sorriso dell’opera e il nostro impegno sempre.
D- Come studiate il tutto, e quanto tempo occorre per mettere in scena uno spettacolo?
Il regista sceglie il lavoro, non è un compito da poco, nella sua mente ha sempre la compagnia in riferimento e i componenti, sia nella loro fisicità che carica emozionale e spirituale. Lo studio e fatto sempre insieme partendo da una prima lettura in cui i personaggi iniziano a svegliarsi dal torpore del testo e diventano fisicità , poi sempre insieme con la direttiva del regista rendiamo il tutto piano piano familiare. Non vi è un tempo tecnico preciso, il regista facendo seguito ai tempi di programmazione ci dice come svolgere lo studio e se aumentare i tempi di prova e su cosa intensificare.
D- Un bilancio di questa tua esperienza?
Sicuramente positiva, oltre ad un elemento oggettivo quale la postura, la dizione, il gesto, avverto, grazie al regista Reggiani e alla compagnia, una crescita umana; una tra tutte la capacità di ascolto che sulla scena serve, per trovare i tempi giusti del dialogo, nella vita ad una maggiore attenzione dei bisogni dell’altro.
D- Chi ama il teatro deve fare la sua parte per diffondere questa passione tu?
Si sono anche io convinto di ciò, in un discorso ampio tutti siamo coinvolti nello spettacolo della vita dove il pubblico è disattento e non bada a ciò che si presenta in scena, ma se tutti viviamo il teatro come una palestra in cui sia il corpo che l’anima possono allenarsi ad essere più altruisti  sicuramente troveremmo un mondo migliore. Credo di fare la mia parte, da ragazzo in modo incosciente da adulto in modo consapevole, pubblicizzando sia i lavori a cui partecipo e sia lavori di altri puntando sempre ad un’ aspetto per me importante, la dualità attore pubblico, perenne e mutevole, ma il tutto diventa nella esaltazione della scena parte della realtà .
D- Si sta percorrendo la strada piĂą giusta per avvicinare le giovani generazioni al teatro?
No, non credo, la tecnologia sta massacrando il teatro e non solo il teatro, oggi parliamo di cultura e in modo particolare i politici la utilizzano come un megafono anche a sproposito. Oggi la cultura è inversamente proporzionale al modo di fare cultura,nel senso che tutti parlano di cultura ma le istituzioni e gli organi preposti sono assenti. Permettimi dire che manifestazioni come la tua cara Anna, danno impulso alla cultura, all’incontro e al conversare; mettere insieme pittori, attori, scrittori e nella stessa scena viaggiare nel tempo attraverso conversazioni storiche, analizzando costumi e pensieri, capovolgimenti di sorti ed avendo ad oggetto e soggetto la cultura nella sua variegata veste. Oggi purtroppo culturale è sono un aggettivo, da utilizzare di volta in volta secondo le esigenze del Marketing.
D- Prossimi impegni?
Al momento posso dire che sarĂ un lavoro classico, del mondo partenopeo, di Eduardo Scarpetta.
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