Tutti conoscono la tradizione ceramica di Vietri sul Mare ma pochi ancora sanno che esiste a Salerno una collina argillosa la cui attività di estrazione e lavorazione del cotto precede di millenni quella vietrese. Rufoli è l’antica terra-madre da cui i vasai della costa attingevano ed attingono la materia prima per lavorarla e renderla manufatto. Il piccolissimo centro abitato di Rufoli si posiziona dopo la frazione di Ogliara a sud di S. Angelo della Chiesa rurale di S. Michele nel Comune di Salerno.
Le antiche fornaci per la produzione delle “riggiole” in cotto costituiscono l’elemento tipologico che caratterizza fortemente questo sito. Rufoli costituisce un’importante ambito territoriale da sempre destinato all’estrazione e trasformazione dell’argilla, che fin dal medioevo venne vista come risorsa integrante un circuito economico a carattere principalmente agricolo. Fin dall’antichità, la zona di Rufoli e Brignano, che ospita vasti giacimenti argillosi, è stata sede di attività estrattive e di lavorazione ceramica. Il cotto di Rufoli ha rappresentato per secoli la base dell’edilizia locale, ed è stato proprio a partire da quei laterizi semilavorati che ha avuto origine la scuola ceramica di Vietri sul Mare, vivificata negli anni Venti e Trenta del nostro secolo dall’apporto di artisti tedeschi, che posero le basi per l’attuale successo dello stile decorativo vietrese.
Dopo la Seconda guerra mondiale l’attività riprese a Rufoli come nel resto del Mezzogiorno, ma in un panorama culturale e tecnologico in rapido cambiamento.
Le fornaci a fascine di Rufoli, apponendo il marchio del committente, sia esso vietrese che napoletano, hanno operato un annullamento del proprio individualismo produttivo, coincidente con la messa in crisi della stessa attività. Già sul finire degli anni Cinquanta, poi in misura maggiore nel decennio successivo, nuovi laterizi, più economici, presero il posto dei tradizionali mattoni artigianali in cotto. Prodotti su scala industriale (anche in zona, ad esempio dalla D’Agostino, leader di mercato nel settore fino in quegli anni), alimentavano e sostenevano con maggiore puntualità e più economicamente il boom edilizio e demografico di quegli anni.
I volumi complessivi delle produzioni artigianali subirono una prima, brusca contrazione, e si andò verso una specializzazione in mattonelle e piastrelle, per fortuna ben sostenuta dallo sviluppo economico e produttivo della ceramica vietrese. Le fornaci sono costituite da tipi architettonici costanti: “tettoie chiuse”, strutture ad arco, coperte con manti di tegole e quasi completamente chiuse lungo il perimetro esterno ; “tettoie aperte”, ad una o due falde di tetto, poggianti su pilastri e chiuse su un solo lato, o comunque con un lato completamente aperto; “fornace “, consistente in due camere sovrapposte, coperte a volta o lamia, forata per lasciar passare il fumo e le fiamme; “ peschiere” o vasche per la raffinazione dell’argilla, di forma regolare, disposte a terra, affiancate; “cortile” o spazio interno centrale, quadrangolare, ovviamente pavimentato in cotto.
La tecnica costruttiva privilegia generalmente il tufo, mentre utilizza il laterizio come elemento di ripartizione dei carichi (tufo listato) o nelle strutture puntiformi di sostegno delle capriate, oppure come elemento di rinforzo di particolari nodi strutturali.
L’uso del cotto è invece predominante nella definizione formale delle aperture o delle chiusure (oltre che, naturalmente, nelle pavimentazioni e nelle coperture). Ormai quasi tutte abbandonate, le fornaci sorgono nei pressi dell’ampia cava che si espande dal nucleo di Rufoli fino alle pendici della collina di Giovi ed alla valle verso Brignano nel Comune di Salerno.
Immediatamente a ridosso della chiesa di S. Michele sono i ruderi della fornace Della Rocca, prossime, poste lungo la strada che attraversa Rufoli, sono le fornaci Soriente e più avanti, collegate alle attuali fornaci De Martino, quel che resta della proprietà Ventura. Tra Ogliara e Rufoli vi è la fabbrica De Maio, più interna è la fornace dei fratelli Di Giacomo.