La città di Eboli si prepara a cedere il passo al caos organizzato del Carnevale, quella festa in cui il mondo si capovolge, i potenti si travestono da buffoni e i buffoni si prendono gioco del potere. È il tempo in cui il popolo, armato di cartapesta e ironia, si vendica con la risata. Perché il Carnevale non è solo carri e maschere: è il grido primordiale dell’uomo che rifiuta la rassegnazione.
Quattro giorni di festa, quattro date in cui la città si trasforma in un palcoscenico vivente, dove la tradizione e il presente si fondono in un abbraccio sfrontato. Il sipario si alza il 2 marzo a Santa Cecilia, periferia operosa e tenace, dove alle 11:00 in Largo Aristotele si raduneranno i carri allegorici, colossi di carta e vernice che si animeranno alle 15:30, sfilando tra le strade come giganti beffardi. Chi avrà fame, troverà ristoro nell’area food: perché il Carnevale è anche un tributo alla gola, un’ode alla gioia di vivere.
Il 4 marzo, martedì grasso, la festa invade il cuore di Eboli. I carri si radunano alle 10:30 davanti al Centro Commerciale Le Bolle, ma è nel pomeriggio che il corteo prende vita: partenza da Piazza Carlo Levi alle 16:00, attraversamento del Viale Amendola e arrivo in Via Matteotti, ai margini di Piazza della Repubblica. Qui, alle 18:00, va in scena la Farsa Carnevalesca di Don Annibale, spettacolo di ingegno e tradizione, patrimonio immateriale della Campania, ma soprattutto patrimonio dell’anima popolare. E dopo la risata, la musica: live e dj set, per far danzare la notte ebolitana fino allo sfinimento.
Ma il Carnevale, si sa, è uno spirito indomito. Non si ferma al mercoledì delle ceneri, perché l’allegria non si estingue su comando. Ecco allora che il festoso corteo riprende l’8 marzo, con la sfilata dei carri allegorici provenienti dai comuni limitrofi. Stesso percorso, stesso obiettivo: far saltare le regole, almeno per un giorno.
E per chi non ne ha ancora abbastanza, il 9 marzo la giostra torna a Santa Cecilia. Alle 11:00 il raduno, alle 15:30 la sfilata, alle 18:00 un’ultima, esilarante rappresentazione della Farsa di Don Annibale. Dopo di che, la musica riempirà ancora Largo Aristotele, perché il Carnevale non si congeda mai senza un ultimo ballo.
Ma dietro ogni carro c’è una storia di calli sulle mani e polvere di cartapesta nei capelli. I maestri artigiani, guidati da Paolo Di Lorenzo e l’associazione Seleventum, lavorano per mesi con la dedizione di chi sa che la risata è un’arte seria. Incollano, modellano, dipingono, trasformando legno e ferro in creature mastodontiche, sfidando il cielo con la loro imponenza.
E poi c’è Don Annibale, che attraversa i secoli con la sua risata sorniona. È il signorotto che osa amare la figlia di un contadino, è il teatro che sfida il buon senso, è la satira travestita da farsa. È l’anima stessa del Carnevale, il trionfo dell’imprevisto sulla norma, dell’irriverenza sull’ordine. È il monito di chi sa che, per sopravvivere, bisogna saper ridere.
E allora che il Carnevale del Sele abbia inizio. Che le strade si riempiano di maschere e sberleffi, che le gerarchie crollino sotto il peso della satira, che i carri sfilino come giganti beffardi. Perché in fondo, come insegna il Carnevale, la vita è un gioco che va giocato fino all’ultima risata.