I buoni pasto sono uno strumento sempre più diffuso tra aziende e lavoratori autonomi, spesso presentati come un benefit a “costo zero”. Ma è davvero così? Quali sono i vantaggi fiscali e quali le implicazioni economiche per chi li adotta? Analizziamo nel dettaglio la reale convenienza dei buoni pasto, tra deducibilità, detraibilità IVA e costi effettivi.
Un’opportunità fiscale per le aziende
Per le aziende, i buoni pasto rappresentano un’opportunità fiscale interessante. Infatti, se concessi alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti, sono interamente deducibili ai fini del reddito d’impresa. Inoltre, fino a un valore facciale di 4 euro per i buoni cartacei e 8 euro per quelli elettronici, non costituiscono reddito imponibile per il dipendente, evitando così oneri contributivi aggiuntivi per l’azienda.
Tuttavia, definirli a “costo zero” è inesatto. L’azienda deve comunque sostenere l’esborso per l’acquisto dei buoni, che diventa un costo netto al netto delle imposte risparmiate. Facciamo un esempio pratico:
Se un’azienda con 10 dipendenti decide di erogare buoni pasto da 8 euro al giorno per 20 giorni lavorativi al mese, il costo annuo complessivo sarà di 19.200 euro. Considerando il caso di IVA al 4% su questi buoni (€ 738) è detraibile e che il costo imponibile (€ 18.462) è deducibile con un risparmio fiscale pari del 29% (società di capitali IRES + IRAP) (€ 5.354), il costo netto effettivo sarà di 13.108 euro, con un risparmio fiscale complessivo (Iva, Ires, Irap) di 6.092 euro.
Il regime IVA: chiarimenti sulla base imponibile
Un aspetto importante riguarda il rapporto tra la società emettitrice dei buoni pasto e il datore di lavoro. La base imponibile IVA può non corrispondere necessariamente al valore facciale del buono, bensì al prezzo pattuito tra le parti. Questo significa che, anche nel caso in cui l’azienda ottenga uno sconto sull’acquisto, la base imponibile IVA sarà determinata dal prezzo realmente pagato, con l’applicazione dell’aliquota IVA del 4% e chiaramente nel caso di sconto il calcolo andrebbe rifatto considerando il prezzo scontato.
I limiti per i liberi professionisti
Mentre per le aziende i buoni pasto possono risultare un’opzione vantaggiosa, per i liberi professionisti la situazione cambia. La deducibilità è limitata al 75% del costo sostenuto, con una detraibilità IVA del 10%. Inoltre, l’importo massimo deducibile è vincolato ai limiti previsti per le spese di vitto e alloggio, attualmente intorno ai 50 euro per pasto.
Oltre a questo, bisogna considerare le eventuali commissioni applicate dalle società emettitrici, che possono incidere significativamente sulla convenienza economica dello strumento.
Alternativa per i professionisti: la deduzione diretta delle spese
Per i liberi professionisti, potrebbe essere più conveniente optare per la deduzione diretta delle spese di ristorazione tramite fattura intestata, evitando le limitazioni legate ai buoni pasto e ottenendo un beneficio fiscale più diretto e flessibile.
Se per le aziende i buoni pasto rappresentano un vantaggio sia fiscale che di welfare aziendale, per i liberi professionisti il risparmio è spesso più limitato. In ogni caso, la scelta va valutata attentamente in base alle esigenze specifiche, considerando il regime fiscale applicabile e i costi effettivi, senza lasciarsi ingannare dall’idea di un beneficio “a costo zero“.