In Italia l’occupazione continua a correre, ma cresce anche la difficoltà delle aziende nel trovare lavoratori per le mansioni più delicate e remunerative.
Quelle, cioè, che necessitano di migliore formazione e maggiore competenza.
Un report del centro studi di Confindustria ha scoperto che oltre due terzi delle imprese segnalano difficoltà nel trovare le competenze necessarie per le proprie attività.
Il fenomeno è trasversale a tutti gli ambiti economici. In un momento nel quale cala la produzione e la produttività del sistema Italia e le imprese necessiterebbero di maggiore conoscenze per affrontare la sfida della transizione e la concorrenza sui mercati internazionali, la mancanza di una forza lavoro qualificata è molto preoccupante.
Ad aggravare la situazione sono anche gli effetti negativi del calo demografico, dell’invecchiamento della popolazione, della fuga dei cervelli e la difficoltà di attrarre immigrati qualificati.
Non sorprende, quindi, che nel comparto industriale il 73,5 per cento delle imprese dichiari difficoltà nel reperire competenze, contro il 65 per cento nei servizi.
Riguardo alle dimensioni aziendali, è il 64,8 per cento delle piccole realtà, il 72,8 delle medie, per raggiungere il 77,6 per cento delle grandi aziende che sono in difficoltà nel reperire nuova manodopera specializzata.
Per correre ai ripari le imprese prevedono principalmente attività di formazione rivolte al personale attualmente in forza. Quasi la metà delle imprese fa, infatti, ricorso a servizi esterni come le consulenze e quasi un terzo si dichiara coinvolto in programmi educativi sul territorio.
Sul fronte delle conoscenze, poi, le maggiori criticità sono state segnalate dall’Ocse nell’Indagine sulle competenze degli adulti. Tra i Paesi più sviluppati le competenze alfabetiche o matematiche sono globalmente diminuite o stagnanti. In Italia il problema delle competenze rappresenta un freno per la produttività e l’innovazione.
Da noi oltre un adulto su tre ha ottenuto punteggi piuttosto bassi nelle capacità di lettura e matematiche. Per non parlare del problem solving, una delle competenze più richieste nel mercato del lavoro, dove quasi la metà degli adulti italiani ha grosse difficoltà.
Aggiungiamo, inoltre, che il 40% dei lavoratori ha un’occupazione non in linea con il titolo di studio conseguito. A proposito, a fare la differenza sono anche i livelli di istruzione e di genere. Nel nostro Paese solo il 20% delle persone di 25-65 anni possiede un livello di istruzione pari o superiore alla laurea e ben circa il 38% ha un titolo di studio inferiore al diploma.
A livello territoriale ci sono divari enormi: il Nord Ovest, il Nord e il Centro sono in linea con la media Ocse.
Però, anche qui, a mantenere elevato il mismatch contribuisce anche il caro affitto.
Prezzi delle case troppo alti rispetto alla produttività creano una barriera anche in zone dove vi è alta domanda di lavoro e i lavoratori potrebbero essere disposti a trasferirsi.
Questa “trappola dell’immobilità”, rappresentata del disallineamento tra il mercato immobiliare e la performance economica territoriale in Italia, è particolarmente evidente a Milano. Qui il canone di affitto mensile per un’abitazione di 60 mq supera la media nazionale per ben il 70%. Mentre, la produttività del lavoro, sempre a Milano, è più alta solo del 40% !
Questo significa che il costo abitativo proibitivo scoraggia la mobilità dei lavoratori. Il problema si manifesta anche in città Como, Venezia, Bologna, Firenze e Roma.
Il Sud, comunque, resta il grande malato. Infatti, la stretta relazione tra competenze cognitive e sviluppo del Paese è dimostrata dai valori più bassi di competenze che si concentrano nelle aree meno attrattive, nel Mezzogiorno d’Italia.
È per questo che salutiamo con favore la decisione del TAR che accoglie il ricorso della Regione Campania contro il dimensionamento scolastico deciso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Il ricorso nasce dalla constatazione di un errore commesso dal Mim sul numero di studenti usato per la pianificazione del dimensionamento scolastico, traducibile in quasi 25mila unità in meno.
Errore riconosciuto dalla Sezione Quarta che ha chiesto al Mim di provvedere al riesame del piano di dimensionamento tenendo contro dei dati effettivi della popolazione scolastica.
Questa lunga diatriba ha origine circa un anno e mezzo fa, quando il Mim comunicò i piani di dimensionamento scolastico delle Regioni, che vengono calcolati sul numero di studenti. Nel decreto interministeriale venne assegnato alla Campania un taglio di 128 autonomie scolastiche (da 965 a 839) nell’anno scolastico 2024/25 e altrettanti dirigenti scolastici, direttori dei servizi generali e amministrativi.
Altro che tagli alla scuola! Occorre investire di più in cultura, soprattutto per il recupero dei territori del Mezzogiorno.
L’alternanza scuola – lavoro potrebbe essere utile per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, sviluppando in loro quelle abilità tecniche che oggi sono tanto richieste.
Ma bisogna evitare a tutti i costi la speculazione degli anni scorsi. In troppi casi i ragazzi sono stati sfruttati dalle aziende e a volte addirittura hanno perso la vita!