La crisi dell’industria automobilistica italiana è il riflesso di un cambiamento epocale che sta attraversando l’intero settore europeo. In questo scenario, il Mezzogiorno d’Italia emerge come uno snodo cruciale, non solo per l’entità della produzione, ma anche per il significato sociale e occupazionale che l’automotive rappresenta. Con stabilimenti come quelli di Pomigliano, Melfi e Atessa, oggi parte del colosso Stellantis, il Sud è diventato un epicentro tecnologico, ma anche il simbolo delle sfide strutturali che minacciano il futuro del comparto.
Il cuore industriale del Mezzogiorno
Oltre l’82% della produzione italiana di Stellantis nel 2023 è avvenuta nel Sud, una quota impressionante che conferma come questa regione sia la spina dorsale dell’automotive nazionale. Non è solo una questione di numeri: dietro a questi risultati ci sono impianti tecnologicamente avanzati e un capitale umano di prim’ordine. Ingegneri, tecnici e operai qualificati danno vita a processi produttivi di livello internazionale, dimostrando che il Mezzogiorno può competere con le migliori realtà europee.
Con un valore aggiunto di circa 13 miliardi di euro e 300.000 occupati, il settore automotive rappresenta una colonna portante dell’economia del Sud, con Campania, Puglia, Sicilia e Abruzzo come regioni protagoniste. Tuttavia, la transizione industriale verso l’elettrico e le incognite legate ai cambiamenti normativi e di mercato pongono questa vitalità economica sotto una pressione senza precedenti.
Le radici della crisi
La crisi non è solo italiana: è europea e globale. Tra i fattori principali:
- Transizione all’elettrico: L’obiettivo dell’Unione Europea di fermare la vendita di veicoli a combustione interna entro il 2035 ha creato una corsa contro il tempo per adeguare la filiera.
- Riduzione delle commesse: Stellantis, come altri grandi player, sta riorganizzando le sue operazioni, con un impatto diretto sulla produzione italiana.
- Stallo delle vendite di veicoli elettrici: I costi elevati e l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica rallentano la crescita del segmento elettrico, con ripercussioni su tutta la filiera.
- Debolezza normativa sugli ammortizzatori sociali: Gli strumenti a disposizione, come la Cassa Integrazione Straordinaria, risultano spesso inadeguati a gestire l’attuale crisi occupazionale.
Il caso Trasnova: un’emergenza simbolo
Un esempio emblematico è quello della Trasnova, azienda che si occupa della logistica per gli stabilimenti Stellantis di Pomigliano, Cassino, Melfi e Rivalta. Con il contratto in scadenza al 31 dicembre, quasi 400 lavoratori diretti e indiretti rischiano di perdere il posto. Il futuro di queste persone, già segnato da lettere di licenziamento, si intreccia con una vicenda che richiama l’urgenza di riforme strutturali per proteggere l’occupazione in un settore così strategico.
Martedì 10 dicembre, il Ministro Adolfo Urso ha convocato un tavolo al Mimit per affrontare il problema, ma il caso Trasnova è solo la punta dell’iceberg di una crisi più ampia che necessita di risposte sistemiche.
Il futuro del Mezzogiorno e dell’Italia
La posta in gioco non è solo il futuro di migliaia di lavoratori, ma la sopravvivenza stessa dell’industria manifatturiera italiana. Abbandonare il Sud significherebbe rinunciare a una delle più grandi opportunità di sviluppo economico del Paese, con effetti devastanti sull’occupazione e sulla coesione sociale.
Per invertire la rotta, è necessario un piano industriale europeo che metta al centro:
- Il rafforzamento della filiera elettrica: Investire in ricerca e sviluppo per ridurre il gap tecnologico con USA e Cina.
- Sostegno alle transizioni produttive: Accompagnare le aziende e i lavoratori nella conversione verso l’elettrico.
- Una politica nazionale unitaria: Difendere l’occupazione nel settore automotive deve diventare una priorità condivisa da tutte le forze politiche.
Un messaggio di speranza e di unitÃ
La crisi del settore automotive non è solo una questione industriale, ma un banco di prova per l’intero Paese. Serve unità , visione e coraggio per affrontare un cambiamento epocale che potrebbe ridefinire il ruolo dell’Italia nel panorama europeo. Il Sud ha dimostrato di essere una risorsa preziosa, capace di eccellere quando viene sostenuto. Ora spetta a tutti noi, dalle istituzioni ai cittadini, difendere questa ricchezza, trasformando la crisi in un’opportunità di rilancio.
Che sia un appello a una nuova unità nazionale, in cui il futuro dell’industria diventi un progetto collettivo e condiviso.