Crisi. Il Covid ha reso evidenti criticità cresciute negli anni fino a diventare quasi irrisolvibili e tra queste la situazione delle nostre strutture ospedaliere, la carenza di medici ed infermieri, la difficoltà ad avere un’assistenza sanitaria. Trovare le colpe non è utile, ma ragionare sui motivi serve per risolvere i problemi e finalmente si è affrontato uno dei punti cardine, la mancanza di medici, aggravata dall’alto numero di pensionamenti in corso in questi anni, e la scarsità di nuovi laureati in una facoltà che ha scelto il numero chiuso nel 1999.
Numero chiuso sì, ma con quale criterio? Dopo decenni  il Ministero della Salute ha finalmente deciso di rivedere le modalitĂ di accesso alla facoltĂ di Medicina e Chirurgia vincolate, finora, al superamento di un test di ingresso sviluppato su piĂą argomenti, dall’attualitĂ alla fisica, dalla medicina allo sport. Una vera e propria barriera che, probabilmente, ci ha privato di potenziali ottimi medici ed ha limitato il numero di iscritti. Il fisiologico abbandono del percorso di studio ha poi ulteriormente ridotto il numero di Medici laureati al punto che oggi il fabbisogno dichiarato dal Ministero nei prossimi sette anni è di circa 30mila professionisti. Per risolvere questo complesso problema che rischia di affondare la nostra SanitĂ lo scorso 16 ottobre si è dato il via libera al disegno di legge che propone una riorganizzazione del sistema delle professioni medico-sanitarie in un’ottica di sostenibilitĂ sia per gli Atenei che per l’SSN cambiando quindi i criteri di selezione legati al superamento di un semestre -filtro, e non di quiz,  con esami caratterizzanti i cui risultati saranno riconosciuti come crediti disponibili per percorsi alternativi di studio.
Ci stiamo così allineando ai sistemi europei di selezione che favoriscono l’ingresso di studenti motivati e pronti, testati sul campo e non per le nozioni acquisite, e questa opportunità non andrà a detrimento della preparazione della futura classe medica ma anzi, favorirà la crescita di professionisti competenti e già pronti all’inserimento nel mercato del lavoro.
BasterĂ questa riforma a risolvere la crisi del nostro SSN, un tempo tra i migliori al mondo?
No se non si interviene anche sul sistema stesso che in questi ultimi decenni ha subito una trasformazione non funzionale alle nostre necessità generando le difficoltà che oggi incontriamo nel fornire un’adeguata assistenza sanitaria. L’invecchiamento progressivo della nostra popolazione, insieme al conseguente aumento del fabbisogno di salute determinato dall’incremento della durata della vita, lo impone poiché il SSN non riesce più a rispondere alle richieste sempre più numerose. La difficoltà di ricevere assistenza dal proprio medico di base congestiona i Pronto Soccorso degli ospedali e liste d’attesa chiuse o interminabili stanno creando una separazione sempre più netta tra cittadini che possono e quelli che non possono curarsi inficiando uno dei principi cardine della nostra Costituzione.
Cos’è cambiato, perché non riusciamo più a garantire il diritto alla salute?
La maggior parte dei medici conosce la risposta, articolata ma semplice, e colloca la nascita del problema nel momento in cui la politica ha deciso di separare ciò che prima era unico ed efficiente affidando alle singole regioni il governo della sanità e creando, di fatto, 20 servizi sanitari diversi, ricchi, poveri, virtuosi, malfunzionanti.
La recente pandemia ha evidenziato tra le carenze e criticità della sanità anche la necessità di una nuova organizzazione che parta dai territori, creando innanzitutto una rete efficace che possa provvedere all’assistenza primaria, liberando così i Pronto Soccorso. E le Case di Comunità (CdC) sono la risposta che il Ministero ha immaginato già lo scorso anno, ma che non sono ancora attive, strutture sociosanitarie polivalenti formate da équipe di medici di medicina generale, pediatri, medici specialisti, infermieri ed altri professionisti della salute (tecnici di laboratorio, ostetriche, psicologi ecc.) che lavorano in raccordo con le farmacie territoriali per diventare il punto di riferimento della popolazione. Ottima soluzione ma ancora ferma perché sembra incontrare resistenza in alcune fasce di medici di medicina generale e nelle decisioni che le Regioni dovrebbero prendere, ognuna con i suoi tempi vista l’autonomia!
Con le CdC potremmo finalmente tornare ad avere una sanità eccellente in linea con l’indiscutibile valore dei nostri medici. E’ di solo due giorni fa la notizia dell’arrivo di circa 300 medici cinesi in Campania, presso l’ospedale Cardarelli di Napoli nell’ambito di un progetto di scambi di saperi con la Cina. 3 anni per un progetto di osservazione, studio e formazione clinica e di modelli organizzativi con l’obiettivo di ottenere la migliore cura dei pazienti.  Di oggi, invece, il riconoscimento dei nostri primati nel campo della chirurgia robotica oncologica, che vede il Pascale ed il Monaldi, come il Moscati di Avellino e l’Ospedale del Mare, leader degli interventi con tecnologie di precisione. Medici straordinari che il mondo ci invidia, ancora più bravi se si considerano le difficoltà oggettive in ci spesso operano.
La crisi può dunque trasformarsi in grande opportunità soprattutto se torneremo a lavorare insieme per il comune obiettivo di una Buona sanità , se la politica tutta si impegnerà a gestire le economie disponibili in maniera equa e intelligente per evitare pericolose migrazioni dal pubblico al privato che contribuiscono ulteriormente a svuotare le strutture sanitarie. Il punto di arrivo sarà un tornare alle radici, ridare alla sanità lo spirito democratico conferito dalla nostra Costituzione  che assicura ai cittadini tutti  il diritto alla Salute.