William Shakespeare: un’icona venerata, quasi sacra. Ma dietro questa figura leggendaria si cela un enigma che ha tormentato studiosi per secoli: e se le opere che lo hanno reso immortale non fossero state scritte da lui?
Indagare su questa possibilità non significa solo riscrivere la storia, ma anche riscoprire il valore della ricerca storica e letteraria. È proprio questo tipo di indagine che Quasimezzogiorno vuole portare avanti per stuzzicare lo spirito critico dei propri lettori.
Al centro di questo enigma, c’è un solo nome: John Florio
Traduttore, drammaturgo, agente segreto e diplomatico, John Florio incarnava il perfetto uomo del Rinascimento, un ponte tra la cultura italiana e quella inglese nell’epoca elisabettiana.
La sua conoscenza della cultura e della lingua italiana e la traduzione dei Saggi di Montaigne, una delle principali fonti di ispirazione per Shakespeare, rafforzano l’idea della sua influenza decisiva. Molti dei suoi proverbi, espressioni e frasi ricorrono sorprendentemente nei testi shakespeariani. Persino tre titoli delle commedie di Shakespeare derivano da modi di dire coniati da Florio. Non solo: l’italo-inglese introdusse oltre 1.149 nuovi termini nella lingua d’oltremanica, molti dei quali compaiono proprio nel First Folio, la raccolta postuma delle opere teatrali di Shakespeare.
Parola a Marianna Iannaccone
Per esplorare più a fondo la figura di John Florio, abbiamo il piacere di intervistare la dott.ssa Marianna Iannaccone, dottoranda in Scienze Umane presso l’Università di Como e riconosciuta come una delle massime esperte della vita e delle opere di Florio. Inoltre, è la curatrice del sito ufficiale a lui dedicato, <<resolutejohnflorio.com>>.
- Come mai, secondo lei, Florio è stato marginalizzato o addirittura dimenticato dalla storia?
John Florio non è stato dimenticato per caso; la sua esclusione dalla cultura e dalla letteratura è stata una scelta voluta in un preciso contesto storico e politico. A metà del Settecento, quando l’interesse per William Shakespeare era stato piuttosto basso per quasi un secolo, ci fu un rilancio della figura del drammaturgo, culminato con il Giubileo a Stratford-upon-Avon. Questo avvenne in un clima di crescente nazionalismo britannico, caratterizzato da un forte orgoglio nazionale e identità culturale.In questo contesto, la figura di un inglese di origini italiane come John Florio risultava poco conforme alle narrazioni nazionalistiche dominanti Così, Florio venne gradualmente oscurato e messo in secondo piano dagli studiosi. I primi biografi di Shakespeare non solo esaltarono Shakespeare come simbolo di grandezza esclusivamente inglese, ma contribuirono anche a dipingere Florio come un pedante e un personaggio sgradevole, persino deriso da Shakespeare nelle sue opere. Questa visione negativa è rimasta fino ad oggi.
2. Quali sono, a suo avviso, i motivi principali per cui oggi dovremmo riscoprire e valorizzare la sua opera e la sua eredità culturale?
Nel mondo di oggi, dove le parole inglesi sono ovunque, è sorprendente scoprire che molte di esse derivano dall’ingegno di un intellettuale italiano: John Florio. Termini come “management” e anche espressioni colloquiali, come la famosa “F-word,” hanno radici nella sua creatività linguistica. Ma il valore di John Florio va oltre il suo contributo linguistico. Con una biblioteca di circa quattrocento opere italiane, Florio ha avuto un ruolo fondamentale nel collegare la letteratura italiana a Shakespeare. Grazie alle sue traduzioni e adattamenti, Shakespeare ha potuto attingere a storie e temi di autori come Matteo Bandello e Angelo Beolco, noto come il Ruzzante. Questi scrittori, spesso dimenticati oggi, sono stati cruciali per ispirare opere celebri di Shakespeare, come Othello e I due gentiluomini di Verona. Riscoprire John Florio significa anche valorizzare il ricco patrimonio culturale italiano del Cinquecento, che ha influenzato profondamente la narrativa drammatica e poetica inglese. Florio merita un posto d’onore nei programmi scolastici e universitari. Senza il suo lavoro, Shakespeare potrebbe non aver avuto accesso alle risorse che hanno ispirato alcune delle sue opere più iconiche.
3. Si dice che Florio non sia stato immune a pericoli concreti, come le minacce di morte, per via delle sue idee e dei suoi legami culturali. Cosa ci può dire in merito a questi episodi e al contesto in cui si verificavano?
John Florio visse in un periodo in cui l’aristocrazia inglese ammirava la cultura italiana, ma il popolo comune era ostile verso gli stranieri. C’era un detto che diceva: “Un Inglese italianato è un diavolo incarnato”. Il suo contributo al teatro e alla letteratura inglese non fu ben visto da tutti. Molti lo consideravano un opportunista e lo criticavano duramente, arrivando anche a minacciarlo di morte. Non solo era preso di mira per le sue origini straniere, ma veniva anche deriso perché non aveva una formazione accademica. Per alcuni, questo lo rendeva indegno di occupare un posto di rilievo in un ambiente intellettuale così esclusivo. A Londra John Florio visse accanto a Giordano Bruno, un pensatore che, come lui, sfidava le regole del suo tempo. Insieme, dovettero affrontare attacchi xenofobi e le tensioni di una società in evoluzione, ancora legata a idee conservatrici. Questa affascinante storia di lotta e determinazione è al centro del mio nuovo romanzo, in uscita a breve. Racconta la vita di Florio, che, nonostante le difficoltà, continuò a combattere per la sua passione. La sua eredità è un tesoro che merita di essere celebrato e riconosciuto!
E’ ora di far cadere la maschera:
E se tutto quello che ci hanno insegnato fosse una bugia?
Gli indizi sono lì, ma solo per chi ha il coraggio di vederli. La verità non è comoda, non è rassicurante. Ma forse è giunto il momento di abbattere i vecchi idoli e di dare a Florio il posto che merita nella storia.