Cosa accade a noi lettori quando veniamo rapiti dalla lettura? Quando tutto ciò che ci circonda smette di esistere e ci immergiamo completamente in un testo (sia esso un romanzo, un libro di poesie, un giornale o altro) con tutto il corpo e senza difese?
Quell’istante, quella tensione mentale, quell’interazione umana – apparentemente statica – con la parola scritta ci viene restituita in immagini da AndrĂ© KertĂ©sz, uno dei grandi protagonisti della fotografia del XX secolo, attraverso una piccola raccolta intitolata On reading, pubblicata per la prima volta nel 1971 dalla Grossman Publishers, New York, rielaborata nel 2008 dalla W. W. Norton & Company, con prefazione di Robert Gurbo, curatore dell’edizione.
In una societĂ dominata da internet e da un uso smodato di dispositivi mobili, acquistare questo volumetto per sfogliare fotografie di sconosciuti che leggono, come se fosse un album di famiglia, può apparire un’azione quasi sovversiva. L’esigenza nasce dal mio desiderio di voler catturare con gli occhi una scena che, seppur scontata, nella nostra quotidianità è ormai sempre piĂą rara, ossia osservare una testa china, concentrata, su di un libro aperto.
On reading rappresenta una selezione di ritratti realizzati tra il 1915 e il 1970, anche se, in realtà , il fotografo ungherese si è dedicato a questo progetto in bianco e nero per l’intera sua vita.
Ha immortalato lettori di tutte le etĂ e in vari luoghi (gli stessi in cui ha vissuto, visitato e lavorato, come la Francia, l’Ungheria, gli Stati Uniti, l’Argentina, – giusto per citarne alcuni -), sui tetti e sui balconi, nei parchi, nelle strade affollate, nelle stazioni ferroviarie, nelle biblioteche, in ambienti piĂą appartati, offrendo una visione poetica dell’atto della lettura e celebrandone il fascino universale.
Nella sua lunga carriera ha prodotto migliaia di scatti, alcuni dei quali, nonostante i mutamenti di stile, temi e linguaggi, sono divenuti iconici, rappresentativi del suo incorruttibile e geniale spirito di osservazione della abitudinarietĂ .
«Amo scattare quel che merita di essere fotografato, il mondo quindi, anche nei suoi squarci di umile monotonia.
Sono nato chiuso, ma un chiuso aperto alla strada, e ho cercato la felicitĂ nel silenzio di un istante. Batteva intanto il cuore al tempo di un click. Ho cercato gli occhi innocenti, di cui ogni sguardo sembra il primo, le menzogne dietro la superbia e i sorrisi fatui, fantasmi seduti al sole su delle vecchie sedie.
Senza trucchi ho cercato di vedere, ho cercato di capire. Ho cercato di vedere, e quando ho capito, ho lasciato gli occhiali su un tavolo insieme alla pipa».
Una preziosa equazione emotiva, quella di Kertész, fra il giusto peso delle parole e la potenza delle immagini.